“Una talpa alla Procura antimafia”. Un magistrato informava Montante
PALERMO – C’era una talpa alla Direzione nazionale antimafia. Una talpa ancora da individuare che faceva parte del sistema di spionaggio messo in piedi da Antonello Montante. Ne sono convinti poliziotti e magistrati di Caltanissetta che indagano sulla rete di protezione dell’uomo di Confindustria.
Sono le intercettazioni a guidare gli investigatori fino in via Giulia a Roma, sede della Procura nazionale antimafia. Il 10 marzo 2016 il capo della sicurezza Diego Perricone Di Simone, pure lui agli arresti domiciliari, chiama Montante per fargli il resoconto del suo incontro romano. Qualcuno gli ha fatto sapere che “l’obiettivo loro è chiddu di struppiare in tutti i modi”. L’inchiesta, però, è in una fase di stallo perché ci sono contrasti fra “operativi e mandanti… fra tutti hanno problemi… fra di loro”. Il problema sarebbe stato presto “risolto quando si va a sedere”. E cioè con la nomina del nuovo procuratore di Caltanissetta, ruolo in quel momento vacante.
Da dove nasce la certezza della presenza di Di Simone a Roma? Il giorno prima aveva chiamato l’ex assessore regionale Linda Vancheri per spiegarle che “domani mattina vengo un poco più tardolino perché ho un impegno in Dna di mattina presto”. In effetti all’indomani il suo telefono aggancia due celle distanti trecento metri dagli uffici della Direzione nazionale antimafia.
Il 29 aprile viene registrata una seconda telefonata. Di Simone spiega a Montante che “in quel contenitore” non c’è “proprio nulla.. stiamo parlando di niente”, pur avendo creato “tutta sta grande attesa”. Anche stavolta mentre Di Simone parla il suo telefono si trova a a 170 metri dalla Dna.
L’8 settembre c’è una terza conversazione. “Incontri?, chiede Montante. E Di Simone risponde: “… fatto, fatto, stamattina tutto a posto… comunque è indirizzata dove sappiamo.. anche se la stanno facendo vastasa… proprio mi ha detto anche se siamo fuori dalle regole, picchì di questo stiamo parlano… siccome lui si basa su quello che c’è scritto… quindi sì… calma e sangue freddo… questa quindi è una cosa abbastanza positiva secondo me”. Secondo gli investigatori il riferimento alla proroga delle indagini scaduta due mesi prima della telefonata. Ancora una volta la distanza che separa Di Simone da via Giulia è inferiore ai duecento metri. Ecco perché chi indaga è sicuro che ci fosse una talpa negli uffici romani della Direzione nazionale antimafia.
FONTE: LIVESICILIA.IT