Soldi e sesso in cambio di promesse di lavoro: condannato

PALERMO: Sei anni e otto mesi inflitti a un ex portalettere che fingeva di essere un dirigente delle Poste. Raggirate 23 persone. Ricattava la ex amante minacciando di diffondere sue foto osé

Condannato a sei anni e otto mesi di reclusione per aver promesso assunzioni alle Poste in cambio di denaro e favori sessuali. Antonio Fantaci, ex dipendente delle Poste, è stato giudicato questa mattina con il rito abbreviato dal gup Nicola Aiello, che ha accolto del tutto la richiesta di pena formulata dal pubblico ministero Francesco Gualtieri.

Per anni Fantaci si era finto un alto dirigente delle Poste italiane, promettendo assunzioni in cambio di denaro. Ma non solo: minacciava le sue vittime, che gli chiedevano la restituzione del denaro dopo avere scoperto che in realtà non era che un semplice postino. In un caso aveva ricattato una donna con cui aveva avuto una relazione sessuale, minacciando di inviare le foto dei loro incontri a luci rosse al figlio e al marito. Secondo la ricostruzione dell’accusa, sono 23 le vittime dell’estorsione, quasi tutte parti civili nel processo.

Antonio Fantaci è stato arrestato dalla guardia di finanza nel marzo scorso. A dare il via alle indagini, nel novembre del 2015, era stata una querela presentata da alcune delle vittime. Secondo la denuncia, l’ex postino, all’epoca in servizio alla sede di Palermo come autista e addetto allo smistamento della corrispondenza, avrebbe fatto finta di ricoprire un importante incarico nella società e quindi di poter far ottenere impieghi a tempo indeterminato in cambio del pagamento di 15mila euro. Una parte della somma, fra i tre e i cinquemila euro, doveva essere corrisposta immediatamente, la parte restante al momento dell’assunzione.

Secondo quanto accertato dalle Fiamme gialle, l’ex postino aveva intascato non meno di 300mila euro.

Quando gli aspiranti dipendenti capirono di essere stati raggirati e chiesero la restituzione di quanto versato, l’ex postino li minacciò, facendo intravedere l’intervento di persone vicine ad ambienti malavitosi. Nel caso della donna, invece, il ricatto consisteva nella minaccia di diffondere sui social network le foto compromettenti della donna se questa non avesse smesso di chiedere la restituzione del denaro pagato per l’assunzione del figlio.

 

Fonte: www.repubblica.it

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