Sequestro di 127 milioni di euro; “scacco al Re”, Michele Licata messo alle strette dalla Tributaria

nuovo sequestro beni imprenditore licata 1Beni immobili e mobili, società e denaro liquido per un valore complessivo di circa 127 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza a Michele Licata, 52 anni, principale imprenditore del settore ristorazione-alberghiero di Marsala. Il maxi-sequestro è stato disposto dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani su richiesta della Procura di Marsala. L’operazione finanziaria-economica, nome in codice “scacco al re”, è scattata questa mattina  quando il Personale della Guardia di Finanza, appartenente al Nucleo di Polizia Tributaria di Trapani hanno dato esecuzione alla più imponente misura di prevenzione patrimoniale mai effettuata nei confronti di società e  persone fisiche.

nuovo sequestro beni imprenditore licata 2Il decreto di sequestro è stato notificato nei confronti di Michele Licata, della moglie Vita Maria Abrignani, dell’anziana madre Maria Pia Li Mandri, delle figlie Silvia, Clara Maria e Valentina Licata, del genero Roberto Cordaro, nonchè delle società: Delfino srl, Delfino Ricevimenti srl, Roof Garden srl, Rubi srl, Don Mariano srl, L’Arte Bianca srl, Punta d’Alghe srl, Rakalia srl, Sweet Temptation srl, Wine Resort di Abrignani Maria Vita & C. s.a.s., Sole Associazione cooperativa onlus: e di altre anonime ditte individuali intestate a Michele Licata, Maria Vita Abrignani e Clara Maria Licata.

Nello specifico le Fiamme Gialle, hanno posto sotto sequestrate 10 società, 3 ditte individuali e relative aziende (alberghi, lussuose sale ricevimento, resort con piscine e centro benessere, ristoranti, stabilimenti balneari e altre strutture ricettive a Marsala, Petrosino e Pantelleria), 75 fabbricati, 257 terreni, 23 autoveicoli, 71 conti correnti bancari sui quali erano depositati 5,7 milioni di euro, sei polizze vita del valore di 4,6 milioni di euro e  partecipazioni societarie.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Marsala e condotte senza soluzione di continuità dal Nucleo di Polizia Tributaria di Trapani e dalla Sezione di p.g. della Guardia di Finanza in servizio presso la Procura, hanno consentito, oltre che di documentare la “pericolosità fiscale” della famiglia Licata, di ricostruire e mappare l’enorme patrimonio economico-finanziario ed immobiliare accumulato in 20 anni. Nel corso della Conferenza Stampa si è parlato di un impero economico composto da tante società, tutte riconducenti a Michele Licata e ai suoi familiari, sorretto da un substrato di una quindicina di aziende fornitrici che fungevano da “cartiere” il loro ruolo era quello di fabbricare fatture e di rivenderle, a bassissimo prezzo, alle aziende riconducibili ai primi. Con questo stratagemma, appurato dalla Guardia di Finanza e dalle testimonianze rilasciate dagli imprenditori che si erano prestati alla falsificazione delle fatture, si faceva in modo che il reddito delle aziende fosse sempre basso e per tanto, beneficiavano, altresì degli aiuti di legge per incentivare l’economia. Un impero economico che si reggeva sulle gracili fondamenta fatte da fatture false e, allo stesso tempo, non facile da scoprire visto la parcellizzazione di persone fisiche, aziende e società, nonchè la diversificazione delle ragioni sociali, non permetteva di avere una chiara visione su quanto accadesse. Le Fiamme Gialle, supportate dalle Procure di Trapani e Marsala, trovando nel Michele Licata il filo conduttore, ha permesso loro di capire il funzionamento dell’impero economico creato dai Licata.

nuovo sequestro beni imprenditore licata-3Il patrimonio dell’imprenditore secondo la Procura di Marsala, diretta da Alberto Di Pisa, sarebbe stato illecitamente accumulato negli ultimi vent’anni “grazie ad una colossale e continuata frode fiscale, a numerose truffe ai Fondi comunitari e alla violazione di numerose altre norme in tema di edilizia e sanità pubblica”. In tal modo, sempre secondo l’accusa, Michele Licata si è “prepotentemente imposto nel settore turistico-alberghiero, sbaragliando la leale concorrenza, “drogando” l’economia locale” e costruendo un vero e proprio impero economico che girava attorno a lui, il Re; da cui è stato originato il nome in codice della maxi operazione di sequestro di beni.

Adesso, le indagini condotte dal nucleo di polizia tributaria di Trapani e dalla sezione di pg della guardia di finanza della procura di Marsala avrebbero consentito non solo di fare luce sulla “pericolosità fiscale” della famiglia Licata, ma anche di “ricostruire e mappare l’enorme patrimonio mobiliare e immobiliare riconducibile alla stessa, il cui possesso, per altro, non era assolutamente giustificabile viste le rendicontazioni delle dichiarazioni dei redditi dall’intero nucleo familiare, ritenute dagli inquirenti bassissime, ammontanti a qualche paio di migliaia di euro per un patrimonio di 127 milioni di euro.

Con l’ultimo sequestro, operato dalla Guardia di Finanza su provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani su richiesta della Procura di Marsala, sono emersi beni mobili ed immobili, società e ingenti disponibilità economiche per oltre 14 milioni di euro, non appurate nel corso dell’operazione dello scorso mese di aprile che aveva portato al primo sequestro preventivo di beni per 113 milioni di euro. Si tratterebbe, secondo quanto venuto fuori nel corso della Conferenza Stampa di questa mattina in Procura, del recupero di una parte consistente del patrimonio della famiglia Licata a seguito di un tentativo di svuotare i propri conti correnti con ingenti bonifici in favore di parenti fino a quel momento non coinvolti nelle indagini, o dall’emissione di assegni circolari per rilevanti importi mai negoziati dai beneficiari. e la scoperta di un’altra società, facente parte dello stesso gruppo, che gestiva una attività ricettiva-alberghiera in dammusi a Pantelleria. Per cui si giunge al valore complessivo di 127 milioni di euro dalla somma delle due max operazioni di sequestro beni.

Se il provvedimento di sequestro verrà confermato nel successivo grado di giudizio, tutti i beni di cui sopra verranno confiscati e andranno a confluire nel patrimonio dello Stato a vantaggio dell’intera collettività.

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