Sedici arresti per mafia sull’asse Castelvetrano-Palermo. Si stringe il cerchio attorno a Matteo Messina Denaro

Si fa terra bruciata attorno al boss latitante di mafia Matteo Messina Denaro. I carabinieri del Ros e i colleghi del commando provinciale di Trapani hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 16 affiliati ai mandamenti di Castelvetrano, nel Trapanese, e Brancaccio, nel Palermitano. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del Tribunale di Palermo Nicola Aiello e sono stati eseguiti dai carabinieri della Compagnia di Castelvetrano supportati dai colleghi del Comando Provinciale e del ROS di Palermo.

arresti eden 2

Le misure restrittive sono state eseguite nei confronti di: Girolamo Bellomo, Ruggero Battaglia, Rosario e Leonardo Cacioppo, Giuseppe Fontana, Calogero Giambalvo, Salvatore Marsiglia, Fabrizio Messina Denaro, Luciano Pasini, Vito Tummarello, Salvatore Vitale, Gaetano Corrao, Ciro Carrello, Giuseppe Nicolaci, Valerio Tranchida e Salvatore Circello.
Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, rapina pluriaggravata, estorsione, sequestro di persona, traffico di sostanze stupefacenti, detenzione, porto illegale di armi ed altri reati aggravati dalle finalità mafiose. L’intervento, in particolare, costituisce una ulteriore fase di un’articolata manovra investigativa avviata dai carabinieri nel 2009, che ha già portato all’arresto di 48 esponenti di riferimento del ricercato trapanese e al sequestro di beni per un valore complessivo di 88 milioni di euro. Si tratta delle operazioni “Campus belli”, “Mandamento” ed “Eden”.

Le indagini, dirette dal procuratore aggiunto della locale Dda, Teresa Principato, e coordinate dai sostituti procuratori Carlo Marzella e Maurizio Agnello, hanno accertato le ulteriori attività illecite del mandamento mafioso di Castelvetrano, documentando il ruolo di vertice di Francesco Guttadauro, figlio di Filippo e Rosalia Messina Denaro, alla guida della famiglia di Castelvetrano, fino al suo arresto avvenuto nel dicembre 2013.

Guttadauro, con l’autorizzazione formale di Matteo Messina Denaro, anche tramite “pizzini”, avrebbe riorganizzato la struttura criminale attraverso nuove affiliazioni e l’avvio di un pervasivo e rigido controllo del territorio attuato con metodi violenti e intimidatori. In particolare, avvalendosi del cognato Girolamo Bellomo e di un agguerrito gruppo criminale, avrebbe dettato nuove modalità operative incentrate anche sulla consumazione di rapine ed estorsioni nei confronti di operatori economici locali, intimiditi con danneggiamenti, percosse e persino sequestri di persona.

CC esercizio commerciale 4 (1)Le indagini hanno consentito di accertare il diretto coinvolgimento delle famiglie mafiose di Castelvetrano e Brancaccio di Palermo nella rapina ai danni di un deposito della ditta di spedizioni di Campobello di Mazara, nel Trapanese, rientrante nel patrimonio aziendale della società A.G. Trasporti, recentemente sottoposta a sequestro nell’ambito del procedimento di prevenzione nei confronti dell’imprenditore palermitano Cesare Lupo, indicato come prestanome dei fratelli Graviano, strettamente legati a Matteo Messina Denaro.

L’attività investigativa ha documentato come la decisione di procedere alla rapina fosse, in quell’occasione, determinata dall’esigenza di compensare il danno economico provocato dal sequestro giudiziario e dalla successiva confisca della società. All’interno del clan trapanese è stata registrata inoltre la progressiva ascesa di Bellomo che, allo scopo di far confluire nelle casse della famiglia i proventi necessari al sostentamento logistico del latitante e degli affiliati detenuti, avrebbe esercitato pressioni su alcuni imprenditori di Castelvetrano, per garantire l’aggiudicazione di commesse per lucrose opere edilizie, a favore di società riconducibili ai messina denaro.

Ma non solo. Bellomo avrebbe consolidato i legami con esponenti del mandamento di Brancaccio per la gestione di progetti comuni, quali rapine ed estorsioni, nel quadro di un generale accordo tra le articolazioni mafiose, pianificato dai capi detenuti e latitanti. Inoltre, avrebbe realizzato un traffico di sostanze stupefacenti dall’Albania (nel cui ambito veniva eseguito un intervento di riscontro con il sequestro di 12 chilogrammi di hashish a Torino), avviando contatti diretti con esponenti dei cartelli colombiani per l’organizzazione di una importazione di cocaina dal Sudamerica.

Il provvedimento restrittivo, rendono noto gli inquirenti, “rappresenta un ulteriore e significativo intervento nel quadro della complessiva manovra disposta dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo e finalizzata alla cattura di Matteo Messina Denaro, mediante il progressivo depotenziamento dei circuiti criminali e il depauperamento delle risorse economiche del sodalizio”.

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