Sanità, chi sbaglia paga! La Corte di Cassazione: ha ribaltato questo principio: “le aziende sanitarie sono responsabili in solido con i medici di famiglia”

I danni derivati dalla negligenza in sanità sono i più gravi in assoluto, perchè oltre a pregiudicare la vita del paziente, talvolta ne determinano la morte

sanità-chi-sbaglia-paga-cassazione-condanna-esemplare-marsalanewsAnche nella sanità chi sbaglia paga. Il nuovo principio della giurisprudenza italiana che fa tanto discutere, si sta estendendo a macchia d’olio in quasi tutti gli apparati della pubblica amministrazione. Singolare, ma dovuta, è l’ultima sentenza della Corte di Cassazione che ha condannato sia il medico di base che sbagliò la diagnosi che la struttura sanitaria.
Un’aspirina lo avrebbe salvato dalle conseguenze di una ischemia. Diagnosticata in ritardo dal medico di base, un pensionato torinese rimase invece invalido all’80% fino alla morte. La vicenda, che risale al 1997, si è conclusa in questi giorni con una sentenza pilota della Corte di Cassazione, destinata a fare giurisprudenza.

I supremi giudici hanno infatti stabilito che a risarcire i familiari dell’uomo, morto nel 2011 dopo quasi 15 anni passati tra ospedali e altre strutture, dovrà essere non solo il medico di base che sbagliò la diagnosi, ma anche l’azienda sanitaria della zona. Un principio, sempre secondo la sentenza, che verrà applicato d’ora in poi a tutti i casi analoghi. La storia inizia quando Piero, dirigente Fiat in pensione di 58 anni residente nella zona di Chivasso, esce per fare jogging e si accorge di non riuscire a muovere una mano. Di lì a poco gli si blocca tutto un lato del corpo. La moglie chiama il medico di famiglia che, al telefono, gli dice che non è nulla di grave. Il giorno successivo Piero sta peggio e il dottore lo visita a casa.

Non gli prescrive un vasodilatatore come l’aspirina, ma un tranquillante. Soltanto a due giorni dal malore, dopo che le condizioni peggiorano ulteriormente, la moglie accompagna l’uomo all’ospedale Giovanni Bosco di Torino, dove gli viene immediatamente diagnosticata l’ischemia. Ma per arginare le conseguenze ormai è troppo tardi: resterà invalido e non autosufficiente fino alla morte, avvenuta nel 2011. Dal giorno della diagnosi inizia anche la vicenda giudiziaria, con la richiesta di risarcimento al medico di base per la negligenza che, dicono alcune consulenze, è stata fatale alla qualità della vita di Piero. Passano quattro anni e non arriva nulla.

L’inchiesta penale nei confronti del medico, accusato di lesioni colpose, è archiviata per difetto di nesso causale tra negligenza e malattia. Nel 2001 la decisione degli avvocati Renato Ambrosio e Marco Bona dello studio torinese Ambrosio & Commodo di citare in giudizio civile, oltre al dottore, anche l’allora Asl 6 (ora confluita nell’Asl To4), i cui legali hanno sempre sostenuto che il medico di base è un libero professionista ed è il solo responsabile, anche civilmente, dei suoi errori. Dopo 14 anni la sentenza della Cassazione ha ribaltato questo principio: le aziende sanitarie sono responsabili in solido con i medici di famiglia. L’Asl To4 potrà rivalersi sul dottore negligente, che però nel frattempo è emigrato in Australia.

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