Olio e arance, legge comunitaria all’insegna della trasparenza

La legge impone: obbligatorio il tappo antirabbocco negli esercizi pubblici; passa dal 12 al 20% il contenuto di succo nelle aranciate.

Addio alle oliere ‘truccate’  nella ristorazione e alle aranciate all’odor di arancia. La legge comunitaria soddisfa le organizzazioni agricole. Scontenti i produttori di bevande analcoliche

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Un successo storico per l’Italia“. Così la Coldiretti accoglie l’approvazione definitiva da parte del Parlamento dell’articolo 17 della legge comunitaria che prevede due importanti novità. Da una parte la quantità minima di succo nelle bibite a base d’arancia passa dal 12 al  20 per cento, con effetti giudicati “positivi” per i consumatori e per il frutteto italiano; dall’altra arriva l’obbligo del tappo antirabbocco per i contenitori di olio extra vergine di oliva serviti in tutti i pubblici esercizi.

Tra l’una e l’altra a vincere è la trasparenza con importanti passi in avanti per i nostri produttori“, nota la Copagri. Due successi che, secondo l’organizzazione agricola, “pongono un freno ad un certo tipo di manipolazioni e valorizzano il lavoro dei nostri agricoltori. Un esempio di politiche all’avanguardia che potrebbe e dovrebbe essere seguito anche fuori dai confini nazionali. Da questi risultati ci guadagna l’insieme del sistema dell’agroalimentare made in Italy ed è sempre più auspicabile una più stretta collaborazione tra i vari segmenti della filiera al fine di tutelare meglio ed esaltare la qualità delle nostre produzioni“.

Olio: stop a frodi e inganni negli esercizi pubblici
Con l’approvazione della legge comunitaria, sulle tavole di bar, ristoranti e trattorie l’olio extravergine di oliva potrà essere servito solo inbottiglie dotate di tappo in modo da evitare allungamenti o riempiture con prodotti che non hanno nulla a che vedere con quello indicato in etichetta. La legge prevede anche sanzioni per chi non userà oliere con tappo antirabbocco che vanno da 1 a 8mila euro e la confisca del prodotto.

Le novità  non si fermano, però, al tappo antirabbocco: è prevista anche una più accentuata rilevanza cromatica rispetto all’etichettatura degli oli che siano prodotti con miscele provenienti da uno o più Stati, così da mettere in guardia il consumatore sulla diversa qualità e composizione merceologica del prodotto.

Va detto, infine, che le modifiche introdotte nel corpo della cosiddetta legge salva-oli ne assicurano ora la più ampia operatività richiedendo a tutti gli organi di polizia giudiziaria un rafforzato impegno su tutti i fronti, dal controllo del traffico di perfezionamento attivo a quello delle modalità di vendita sottocosto.

Lo stop alle oliere truccate nei locali pubblici salvaguarda un prodotto base della dieta mediterranea come l’olio di oliva che offre un contributo determinante alla salute dei cittadini e rappresenta una realtà produttiva da primato nazionale che può offrire importanti sbocchi occupazionali soprattutto nel Mezzogiorno in cui più duramente si sta facendo sentire la crisi” afferma il presidente Moncalvo nel sottolineare che è importante il fatto che “nel rispetto della normativa comunitaria l’Italia non ha rinunciato questa volta a svolgere il ruolo di leader nella tutela della qualità e della sicurezza alimentare in Europa”.

Soddisfatto anche Gennaro Sicolo, presidente del Cno, il Consorzio nazionale degli olivicoltori: “Un ulteriore passo in avanti verso latrasparenza e la corretta informazione dei consumatori, oltre che, naturalmente, per quanto riguarda noi produttori olivicoli, verso la possibilità di valorizzare la migliore produzione italiana”.

Adesso spero ci siano controlli seri e rigorosi, per dare un segnale agli operatori della ristorazione che, magari, per mancata conoscenza della nuova legislazione, continuano ad attuare pratiche che arrecano un doppio danno: al consumatore ed al produttore – continua Sicolo –  L’utilizzo di bottiglie etichettate che non possono essere riempite una volta che il contenuto si è esaurito apre anche verso nuove e più incisive iniziative di marketing e di valorizzazione del prodotto nazionale“.

Mai più aranciate senza arance
E’ stata sconfitta la lobby delle aranciate senza arance che pretendeva di continuare a vendere acqua come fosse succo” afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che si stima che “grazie alla nuova norma duecento milioni di chili di arance all’anno in più saranno “bevuti” dai 23 milioni di italiani che consumano bibite gassate”.

Una decisione che – sostiene la Coldiretti – concorre a migliorare concretamente la qualità dell’alimentazione e a ridurre le spese sanitarie dovute alle malattie connesse all’obesità in forte aumento. Coldiretti ricorda inoltre l’impatto economico sulle imprese agricole poichè l’aumento della percentuale di frutta nelle bibite potrebbe salvare oltre diecimila ettari di agrumeti italiani con una estensione equivalente a circa ventimila campi da calcio, situati soprattutto in regioni come la Sicilia e la Calabria.

Ad oggi per ogni aranciata venduta sugli scaffali a 1,3 euro al litro agli agricoltori vengono riconosciuti solo 3 centesimi per le arance contenute, del tutto insufficienti a coprire i costi di produzione e di raccolta.
Una situazione che – denuncia la Coldiretti – alimenta una intollerabile catena dello sfruttamento che colpisce lavoratori, agricoltori ed i trasformatori attenti al rispetto delle regole“.

Assobibe: “Autolesionismo all’italiana”
Fuori dal coro la voce dei produttori di aranciate: “La scelta di discriminare e penalizzare la produzione made in Italy, e non anche i prodotti importati, rimane incomprensibile per tutte le aziende che producono, investono e creano occupazione in Italia. Un caso di autolesionismo anziché di tutela delle industrie nazionali e dei loro lavoratori“.

A dirlo è Assobibe, l’associazione di Confindustria che rappresenta i produttori di bevande analcoliche.

C’è da riflettere su uno Stato che impone una ricetta in maniera arbitraria e vieta la produzione in Italia di aranciate apprezzate da decenni, senza alcuna evidenza scientifica o motivi di tutela della salute – commenta il presidente Aurelio Ceresoli – Si rischia così di vanificare investimenti significativi realizzati in Italia nel corso degli ultimi decenni e condizionare anche quelli futuri“.
Le imprese devono garantire prodotti sicuri; lo Stato deve garantire la libertà di competere, anche nella ricerca delle soluzioni più apprezzate dal consumatore che, ricordo, trova già in etichetta tutte le informazioni utili per fare scelte consapevoli“.

Non è inoltre vero, né dimostrabile – conclude Ceresoli – che l’aumento al 20% si tradurrà automaticamente in un maggior impiego di forniture di succo solo italiano. Infatti più si indebolisce la quota di mercato di bibite made in Italy a favore di quelle prodotte all’estero, minori saranno le forniture di succo italiano”.

fonte:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/

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