Messina Denaro, i boss hanno paura delle microspie. Summit dentro una cella frigorifero

“Operazione Freezer”, l’hanno ribattezzata. Ovvero, quando la realtà supera la più fervida fantasia degli sceneggiatori delle fiction antimafia. I fedelissimi del superlatitante Matteo Messina Denaro si riunivano nella cella frigorifero di un fruttivendolo di Alcamo per discutere delle questioni più delicate. Summit veloci, naturalmente. Sette, dieci minuti al massimo. Con tanto di giacche e cappotti anche in primavera. Al fresco pensavano di essere al sicuro da microspie e telecamere. E, invece, no. I poliziotti della squadra mobile di Trapani, diretti da Fabrizio Mustaro, sono riusciti a trasformare la cella frigorifero dei summit nel “confessionale” del Grande fratello. E un altro blitz è scattato, coordinato dalla procuratrice aggiunta di Palermo Teresa Principato e dai sostituti Carlo Marzella e Gianluca De Leo.
Il nuovo capo del mandamento mafioso di Alcamo è una vecchia conoscenza della direzione distrettuale antimafia diretta da Francesco Lo Voi: si tratta di Ignazio Melodia, u dutturi, di nome e di fatto, ex medico dell’ufficio d’igiene della cittadina trapanese, rimasto in carcere dal 2002 al 2012, i pentiti dicono che fu Matteo Messina Denaro in persona a tenerlo a battesimo per la punciuta. Non appena scarcerato, Melodia è tornato a ricoprire il massimo incarico sul territorio. In Cosa nostra, nessuno aveva dubbi: suo padre Cola, suo zio Diego e il fratello Antonino sono rimasti coinvolti anche loro in storie di mafia. Un affare di famiglia, insomma. Con il medico boss sono state arrestate altre cinque persone. E’ un’indagine complessa, questa. “Ancora una volta – dice il questore di Trapani, Maurizio Agricola – è emersa la pervicace condotta mafiosa volta a condizionare il tessuto economico nonché a tentare di influenzare le locali realtà politico-amministrative, condotta resa ancora più pericolosa dalla levatura criminale dei personaggi coinvolti”.

Nell’ambito delle indagini sul mandamento mafioso di Alcamo, il centro Dia di Trapani, coordinato dal tenente colonnello Rocco Lopane, ha invece svelato i retroscena di un’estorsione commessa da Ignazio Melodia, incastrato ancora una volta dalle intercettazioni. E’ stato un imprenditore a registrarlo di nascosto col telefonino mentre recitava il monologo del padrino: «Io mezza provincia di Trapani comando». Avevano ragione i mafiosi più vicini al superlatitante ad essere ossessionati da microspie e telecamere. Le intercettazioni hanno detto anche altro, il medico boss si è impegnato nella campagna elettorale per le ultime elezioni comunali ad Alcamo, tenute l’anno scorso. Questa indagine è davvero una fotografia chiarissima della nuova (vecchia) mafia siciliana. E, intanto, continua la caccia a Matteo Messina Denaro, ormai latitante dal 1993. Questa notte, sono state fatte diverse perquisizioni fra Alcamo, Castellammare e Castelvetrano. Ma lui resta ancora un fantasma. E’ l’unico che non cade nella rete delle intercettazioni. Forse, sospettano gli inquirenti, perché non è più in Sicilia ormai da tempo. (http://palermo.repubblica.it)

COMUNICATO STAMPA DIFFUSO DALLA QUESTURA DI TRAPANI
All’alba di questa mattina gli uomini della Polizia di Stato di Trapani e della Direzione Investigativa Antimafia di Trapani hanno dato esecuzione all’ordinanza del GIP di Palermo, che dispone la misura cautelare in carcere per queste le accuse:
Ignazio Melodia, di 61 anni, a capo della famiglia mafiosa di Alcamo,
Salvatore Giacalone di 62 anni, di Alcamo,
Antonino Stella di 69 anni, originario di Marsala,
Filippo Cracchiolo di 56 anni, di Alcamo,
Giuseppe Di Giovanni di 32 anni, di Alcamo,
Vito Turricciano, attualmente detenuto, di 70 anni, di Castellammare del Golfo.

Secondo quanto sarebbe stato accertato dagli inquirenti: Ignazio Melodia, 61 anni, perché a capo del mandamento di Alcamo; Salvatore Giacalone di 62 anni e Giuseppe Di Giovanni di 32 anni perché apparenti alla famiglia mafiosa di Alcamo; Antonino Stella di 69 anni, originario di Marsala, per aver svolto un ruolo di collegamento tra le articolazioni mafiose presenti nel territorio e per aver fatto da tramite tra Ignazio Melodia e Vito Gondola, boss di Mazara del Vallo; Filippo Cracchiolo di 56 anni per aver fatto da intermediario nell’organizzazione d’incontri e riunioni mafiose e per aver messo a disposizione i locali del proprio negozio ad Alcamo per gli incontri riservati del clan; Giuseppe Di Giovanni di 32 anni anche per aver impedito il libero esercizio del diritto di voto durante le elezioni comunali di Alcamo del 2016 e per aver detenuto illegalmente un fucile. A Melodia, Giacalone, Turriciano e Di Giovanni è stato contestato, inoltre, il reato di estorsione, in concorso e con l’aggravante del metodo mafioso, ai danni di alcuni imprenditori edili di Alcamo, per averli costretti a “mettersi a posto” pagando somme di denaro alla famiglia mafiosa. Per Melodia questo reato è contestato anche con l’aggravante di aver commesso il fatto durante il periodo nel quale era sorvegliato speciale con obbligo di dimora nel comune di Alcamo.

L’operazione “freezer”, coordinata dalla D.D.A. di Palermo e condotta dalla Squadra Mobile di Trapani, dai Commissariati di Alcamo e di Castellammare del Golfo, è iniziata nel 2012. Le indagini si sono ulteriormente arricchite grazie alle investigazioni della D.I.A. di Trapani, eseguite tra il 2015 e il 2016, a seguito delle denunce di alcuni imprenditori rimasti vittime di estorsioni. Gli uomini della Polizia di Stato hanno scoperto che la famiglia mafiosa di Alcamo attraverso Salvatore Giacalone ha cercato di stringere rapporti d’interesse, sempre nella prospettiva di averne un indebito profitto, con la politica alcamese sia nel 2012 sia, recentemente, nel 2016.

Nel 2012, il sindaco di Alcamo, Sebastiano Bonventre, ha ricevuto “pressioni” da Salvatore Giacalone finalizzate a perseguire gli scopi della famiglia mafiosa. Giacalone faceva intendere al Sindaco Bonventre che la sua posizione lo esponeva a dei rischi e che “loro” erano pronti a intervenire a sua difesa. Dalle indagini della D.I.A. è risultato, poi, che anche Giuseppe Di Giovanni, in occasione delle elezioni amministrative del giugno 2016, ha procacciato voti con minacce anche a mano armata a favore della compagna Alida Maria Lauria, candidata per la lista civica “Insieme si può”, connessa al candidato sindaco Baldassarre Lauria. La donna non fu eletta, ma ottenne 140 voti. Nel perseguimento delle finalità elettorali, il Di Giovanni coinvolse anche il Melodia, accompagnandolo presso la sede elettorale della Lauria e riferendogli il nome di chi si opponeva alla candidatura della compagna. Di Giovanni ha sistematicamente coadiuvato il capo mafia Melodia facendogli da autista e partecipando a incontri riservati con altri mafiosi.

Dalle investigazioni è emerso, inoltre, che l’attività della cosca si concentrava sulle estorsioni ai danni di imprenditori che lavoravano in quel territorio. Esemplare è l’estorsione consumata ai danni di un’impresa edile alcamese impegnata nella costruzione di ville estive ad Alcamo marina. L’impresa, dopo aver versato complessivamente 3500 euro, avrebbe dovuto pagare anche dai 1500 ai 2000 euro per ogni villa costruita, a seconda della cubatura. Melodia cercò di imporre il “pizzo” anche a un’impresa edile di Mazara del Vallo che stava eseguendo lavori nel suo mandamento. Per questo  motivo, ribadendo con fermezza le rigide regole mafiose, ha cercato l’assenso del boss di Mazara del Vallo Vito Gondola, per il tramite di Antonino Stella, originario di Marsala.

I più importanti dialoghi sulle attività della famiglia mafiosa avvenivano al riparo da orecchie indiscrete, all’interno della cella frigorifera del negozio di ortofrutta di Filippo Cracchiolo, ad Alcamo. Il negozio di ortofrutta era il luogo di incontro dei principali esponenti del clan mafioso. E’ proprio qui che la Squadra Mobile aveva occultato le microspie, che hanno svelato gli affari illeciti della cosca e gli incontri nei quali Ignazio Melodia avanzava pretese estorsive e illustrava l’attuale assetto e le regole interne a cosa nostra trapanese. Dalle indagini della Polizia di Stato e della D.I.A. si è avuta ulteriore conferma che la famiglia Melodia, affiliata ai “Corleonesi”, è da anni saldamente a capo del mandamento di Alcamo, nonostante i ripetuti arresti che ha subito. Oggi, a capo della cosca alcamese, c’era di nuovo Ignazio Melodia, scarcerato, dopo dieci anni, nel luglio 2012. Uomo d’onore, reggente della famiglia di Alcamo dopo l’arresto del fratello Antonino, laureato in medicina e per questo detto “u dutturi”, lavorava presso l’Ufficio d’igiene di Alcamo ed era medico della AUSL di Trapani. Ignazio Melodia era stato già condannato a lunghe pene detentive per delitti di partecipazione mafiosa ed estorsione.

L’attualità del ruolo di Ignazio Melodia e della sua particolare specializzazione nelle estorsioni è emersa, grazie all’operazione “freezer”, dopo la sua scarcerazione del 28 luglio 2012, grazie ai dialoghi in carcere tra i mafiosi Diego Ruggeri e Michele Sottile di Castellammare del Golfo, arrestati dalla Squadra Mobile di Trapani nel 2012 nell’operazione “Crimiso”. I dialoghi intercettati dalla Squadra Mobile trapanese hanno fatto luce sul ruolo di vertice che Ignazio Melodia aveva di nuovo assunto nel gestire gli affari del mandamento mafioso. Le conversazioni captate hanno permesso di allargare le indagini ad altri soggetti affiliati alla “famiglia” di Alcamo e alle sue attività; tra tutti Salvatore Giacalone, detto “il professore”, ex insegnante, già condannato per associazione mafiosa nel 2002.

I dialoghi del boss Ignazio Melodia, ascoltati nelle intercettazioni, oltre ad essere un documento unico nel suo genere, lasciano trasparire che Cosa nostra tenta ancora con pervicacia di controllare il territorio e di imporre le sue regole di comportamento. Di Ignazio Melodia il pentito Vincenzo Ferro ricorda il giorno dell’iniziazione, avvenuta a Dattilo nel febbraio del 1996: Melodia venne affiliato da Matteo Messina Denaro in persona. Lo stesso Ferro avrebbe dovuto prendere il posto di Antonino Melodia come gli aveva detto un altro pentito Vincenzo Sinacori, ma poi Ferro rifiutò per lasciarlo al medico “in quanto – disse – era persona ben conosciuta nel paese perché medico, fratello di Antonino e titolare di un ufficio pubblico che rilasciava certificati di abitabilità…”. Vito Turriciano, esponente della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo, è stato arrestato dai Carabinieri nel mese di marzo 2016, nell’operazione “Cemento del Golfo”, insieme al boss Mariano Saracino e ad altre tre persone. Antonino Stella, sebbene immune da precedenti penali, fu indicato da un collaboratore di giustizia come vicino alla famiglia mafiosa “nel senso che è disponibile a eventuali favori da fare per i componenti della stessa…”.

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