Marsala, restituiti altri beni all’imprenditore Michele Licata
Beni per 166mila euro sono stati restituiti a Michele Licata e ai suoi familiari. Lo ha disposto la sezione per le misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, correggendo un “errore materiale” commesso nel provvedimento con cui, lo scorso 25 luglio, ha disposto la confisca di una parte dei beni sequestrati nel 2015 al noto imprenditore del settore ristorazione-alberghiero.
Si tratta di 19 assegni circolari, per complessivi 95 mila euro, tratti su un conto corrente intestato a Vita Maria Abrignani, moglie di Michele Licata, altri 20 mila su un altro conto corrente della donna e infine 51.005 euro rinvenuti nella disponibilità dell’imprenditore e della madre Maria Pia Li Mandri.
Questo è un altro risultato strappato dal collegio difensivo della famiglia Licata che bei giorni scorsi aveva ottenuto il dissequestro del 50% dei beni che gli erano stati sequestrati a fine novembre 2015. Un impero economico il cui valore è stato quantificato da Procura di Marsala e Guardia di finanza in 127 milioni di euro.
A deciderlo, accogliendo parzialmente la richiesta della difesa, è stata la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani. I beni restituiti a Licata sono alcune delle sue principali strutture (il ristorante Delfino, l’albergo Delfino beach, il complesso albergo-ristoranti Baglio Basile di Petrosino, l’agriturismo la Volpara), nonché alcune pertinenze, somme di denaro e altro realizzato e acquistato dopo il 2006.
Tra i beni che, invece, non sono stati restituiti ci sono le villette costruite attorno al Delfino beach e a Baglio Basile, la Ramaglia e la Villa Maria. I giudici, insomma, hanno parzialmente annullato il decreto di sequestro del 2015 disposto sulla base della richiesta della Procura di Marsala.
Adesso, il nuovo provvedimento è in fase di esame dal pool di avvocati di Michele Licata. E cioè gli avvocati Carlo Ferracane, Celestino Cardinale, Salvatore Pino, Andrea Pellegrino e Mattias Manco. I legali cercheranno, probabilmente, di capire se è possibile far recuperare al loro cliente gli altri beni rimasti sotto sequestro (in tutto o in parte) o se è meglio accontentarsi del risultato raggiunto.
Il maxi-sequestro, effettuato dalla Guardia di finanza nel 2015 in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani su richiesta della Procura marsalese allora diretta da Alberto Di Pisa (pm titolare Antonella Trainito), ha interessato organizzata. In particolare, 10 società (Delfino, Delfino Ricevimenti, Roof Garden, Rubi, Don Mariano, L’Arte Bianca, Punta D’Alghe, Rakalia, Sweet Tempation, Wine Resort), tre ditte individuali e relative aziende (alberghi, resort con piscine e centro benessere, ristoranti tra Marsala, Petrosino e Pantelleria), 73 fabbricati, 247 terreni, 23 automezzi, 71 conti correnti bancari sui quali erano depositati circa 6 milioni di euro, sei polizze vita del valore di 4,6 milioni di euro e partecipazioni societarie.
Nel dettaglio, mega-complessi turistici come il “Baglio Basile” e il “Delfino Beach Resort”, il ristorante “Delfino” (prima pietra dell’impero economico) e l’agriturismo “La Volpara”. E inoltre, due fabbricati e 10 terreni intestati a Licata e alla moglie per un valore di circa 5 milioni di euro. Un patrimonio che secondo l’accusa sarebbe stato illecitamente accumulato dall’imprenditore negli ultimi vent’anni. Scattata l’indagine e avviati i processi, la difesa ha lavorato per ottenere la restituzione, anche parziale, dei beni attraverso il pagamento delle tasse evase.
Ora, in parte, i Licata sono rientrati in possesso di alcune strutture turistiche ricettive-alberghiere e di ristorazione attraverso le quali potranno presto ritornare a lavorare.