Marsala, condannato a 9 anni l’infermiere Spanò che abusava dei pazienti
Il gup di Marsala, Riccardo Alcamo, ha condannato a 9 anni di reclusione Giuseppe Maurizio Spanò, l’infermiere marsalese di 54 anni, accusato di aver abusato sessualmente di diversi pazienti che si sono sottoposti ad esami diagnostici presso lo studio del gastroenterologo Giuseppe Milazzo.
La sentenza, è stata emessa questa mattina dal gup del tribunale di Marsala. Per l’ex infermiere, che ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato, il pubblico ministero Silvia Facciotti, aveva chiesto la condanna a 13 anni di reclusione. Spanò venne arrestato nel marzo del 2016. Sei le vittime accertate dell’infermiere che si spacciava per anestesista. Le immagini degli abusi sessuali, immortalate dalle telecamere piazzate all’interno dell’ambulatorio dove l’ex infermiere aveva lavorato per sette anni, dai carabinieri, in seguito alla denuncia presentata da una donna che si era svegliata prima del previsto e aveva notato qualcosa di strano. Nel corso del processo, è emerso inoltre che l’ex infermiere avrebbe filmato con il telefonino e salvato sul computer dello studio medico foto e filmati di alcuni abusi compiuti su pazienti incoscienti perché sotto sedativi.
Nel mirino degli investigatori in un primo tempo era finito anche il proprietario dello studio medico, il dott. Giuseppe Milazzo, primario dell’ospedale di Salemi, per aver concesso a Spanò di operare come anestesista senza averne la qualifica. La sua posizione è stata però stralciata. Il processo nei mesi scorsi aveva subito un rallentamento perché Spanò ad aprile aveva chiesto la sospensione del processo con una istanza in cui affermava che la rilevanza mediatica del “caso” dopo il servizio mandato in onda dal programma di Italia Uno “Le Iene” e soprattutto i commenti “forcaioli” su facebook potevano influenzare la corte e i periti. Per questo, aveva chiesto che il processo venisse affidato ad altro giudice. A luglio la Cassazione aveva però respinto l’istanza di “legittima suspicione”.
Il processo, conclusosi oggi con una condanna di molto inferiore a quella richiesta dal P. M. fa calare un velo pietoso su un’inchiesta che non ha avuto ne vinti e ne vincitori, ma che lascia molto amaro in bocca alle vittime. A quelle che hanno avuto il coraggio di farsi avanti e di denunciare pubblicamente “l’orco” che si celava dietro un camice e in uno studio medico; e a quelle si porteranno dietro per tutta la vita il sospetto di essere state pure loro ignare vittime. Un dubbio che accomuna diverse centinaia di pazienti (uomini. donne, giovani e vecchi) che essendo passate sotto le mani dell’infermiere non sapranno mai se sono state vittime delle sue insane attenzioni o meno. Due famiglie distrutte dalla vergogna, quella del condannato, ma anche quella del medico, del primario ospedaliero Milazzo che non si è mai accorto di nulla e della sua grande fiducia riversata nel collaboratore
avrebbero dovuto dargli di più….anni, ha carpito la fiducia di innocenti…….