Mafia, sequestrati beni per 2,6 miliardi di euro, nel 2015
Ammonta a 2,6 miliardi di euro il valore dei beni sequestrati alla mafia, alias criminalità organizzata nel 2015. Mentre quello delle confische si attesta sui 530 milioni di euro. I dati sono contenuti nel rapporto annuale della Direzione investigativa antimafia illustrato oggi al Viminale, alla presenza del ministro dell’Interno, Angelino Alfano e del direttore della Dia, generale Nunzio Antonio Ferla.
Il rapporto della Dia indica la grande attenzione dedicata agli appalti. Nel 2015 sono stati 4.997 i monitoraggi condotti nei confronti di altrettante imprese. Nel complesso sono stati eseguiti accertamenti nei riguardi di oltre 40.289 persone fisiche. Per quanto riguarda il sequestro dei beni, esso ha riguardato in gran parte la criminalità organizzata siciliana (2,5 miliardi di euro sui quasi 2,7 complessivi); segue la ‘ndrangheta (95 milioni di euro) e la camorra (30 milioni di euro).
Proprio il ministro dell’Interno Angelino Alfano , ha sottolineato che “l’aggressione patrimoniale, insieme all’arresto dei latitanti ed carcere duro, sono i tre fronti su cui arrivano grandi risultati che hanno messo in difficoltà le organizzazioni mafiose”.
“C’è – ha spiegato il generale Ferla – un calo vertiginoso circa gli omicidi delle mafie rispetto a 10-15 anni fa: le cosche sempre più privilegiano la corruzione alla violenza, rinunciando al ‘controllo militare’ del territorio e scegliendo, invece, una strategia di sommersione, evitando così di avere l’attenzione di media, magistratura e opinione pubblica. Come dimostrano le recenti inchieste – ha osservato – le mafie tradizionali si sono evolute. Assistiamo, infatti, ad un’accentuata propensione all’espansione in aree di maggiore sviluppo rispetto ai territori d’elezione, dove, peraltro, le consorterie conservano un profondo radicamento e continuano ad esprimere un forte potere di influenza”.
E’ stata poi la presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, a mettere in guardia sulle possibili complicità di cui godono le cosche. “Le mafie – ha evidenziato – sparano meno rispetto al passato, ma dobbiamo chiederci se ciò sia determinato dal fatto che trovano più consensi, più acquiescenza in una società più disponibile ad interloquire con i poteri mafiosi, a non contrastarli”.
La mafia che spara di meno, ha ammonito, “non è meno pericolosa, anzi, lo è di più perchè ci ruba una parte di libertà”. La presidente dell’Antimafia ha quindi invocato “un Piano annuale per la lotta alle mafie, che sono un elemento grave nella vita del nostro Paese. Serve un maggiore coordinamento tra tutte le istituzioni: Governo, Parlamento, magistratura”.
“Lo Stato – ha concluso il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Franco Roberti – può vincere la lotta alle mafie se lo vuole. Siamo sulla strada giusta, si avvicina la fine delle mafie così come le abbiamo conosciuto, ma occorre affrontarle efficacemente sul piano economico”.
fonte:
www.gds.it