Mafia, max retata nel palermitano, fra gli arrestati la moglie del boss Madonia

Colpiti i clan di San Lorenzo e Resuttana, 25 arresti. Nel centro città commercianti sottomessi al pizzo. L’organizzazione progettava di uccidere un mafioso: “Colpevole di aver patteggiato la pena”

I VECCHI padrini in carcere puntavano tutto su di lei. “Si comporta come un uomo”, dicevano soddisfatti. Mariangela Di Trapani, la moglie del boss Salvino Madonia, il killer dell’imprenditore Libero Grassi, aveva ricevuto un’investitura ben precisa: riorganizzare Cosa nostra. E si era messa subito al lavoro dopo essere stata scarcerata, nel settembre di due anni fa. A Palermo, i mafiosi la chiamavano ormai in un solo modo: la padrona. “La padrona ha detto”, “la padrone vuole che si faccia così”.

La padrona del clan mafioso di Resuttana, l’enclave di Cosa nostra (da sempre fedele a Totò Riina) nel salotto buono della città. Questa notte, Mariangela Di Trapani è stata arrestata dai carabinieri del nucleo Investigativo, assieme ad altre 24 persone, che fanno parte anche del mandamento di San Lorenzo. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip Fabrizio La Cascia su richiesta del procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dei sostituti Roberto TartagliaAnnamaria Picozzi, Amelia LuiseFrancesco Del BeneSiro De Flammineis.

Le indagini della procura distrettuale antimafia diretta da Francesco Lo Voidicono che nel centro di Palermo si continua a pagare il pizzo, nonostante le denunce e le manifestazioni degli anni scorsi. Pagano i negozianti, i titolari di noti ristoranti, pagano gli imprenditori impegnati nelle ristrutturazioni di edifici. E chi prova a ribellarsi, viene intimidito. Con l’attak nelle saracinesche o addirittura con attentati incendiari.

Le indagini della procura distrettuale antimafia diretta da Francesco Lo Voi dicono che nel centro di Palermo si continua a pagare il pizzo, nonostante le denunce e le manifestazioni degli anni scorsi. Pagano i negozianti, i titolari di noti ristoranti, pagano gli imprenditori impegnati nelle ristrutturazioni di edifici. E chi prova a ribellarsi, viene intimidito. Con l’attak nelle saracinesche o addirittura con attentati incendiari.

Mafia, blitz a Palermo: 25 arresti. In manette anche la moglie del boss Madonia. Il clan voleva uccidere un boss che aveva patteggiato

Cosa nostra torna alle maniere forti. Soprattutto, per dare un segnale di presenza. L’intimidazione, così come l’omicidio, è soprattutto un messaggio. I vertici del clan di Resuttana volevano uccidere addirittura un vecchio mafioso, Giovanni Niosi, che si era permesso di patteggiare la pena. Una scelta ritenuta gravissima. Solo la mediazione di alcuni autorevoli mafiosi di un altro clan, quello di Porta Nuova, evitò la condanna a morte per Niosi, mafioso sui generis: un tempo indossava la divisa di vigile del fuoco, all’aeroporto Falcone Borsellino, poi gestiva una scuderia all’ippodromo, e faceva l’attore per passione. Interpretò persino uno dei mafiosi sulla collina di Capaci nella puntata di Blu notte dedicata alla strage Falcone.

“E’ uno sbirro”, dicevano di Niosi per quella sua scelta di patteggiare. “Già nei libri di scuola c’è scritto, mai ammettere di fare parte di Cosa nostra – sussurravano due boss della famiglia – anche i bambini lo sanno. Con la galera devi dimostrare chi sei. No fuori”.

Mariangela Di Trapani era diventata uno snodo fondamentale, soprattutto per le comunicazioni tra il 41 bis e l’esterno. Al carcere duro, non c’è soltanto il marito, ci sono anche i cognati Antonino e Giuseppe, pure loro condannati all’ergastolo, sono stati i protagonisti della lunga stagione di sangue voluta dai Corleonesi. Nel territorio dei Madonia sono avvenuti molti dei delitti eccellenti di Palermo: da dalla Chiesa a Piersanti Mattarella, da Cassarà a Libero Grassi, a Nino Agostino. 

Sulla signora boss, il pentito Manuel Pasta ha detto: “Comunicava il placet dei Madonia per le nomine al vertice delle famiglie”. Dopo i colloqui in carcere, Mariangela Di Trapani incontrava boss di primo piano dell’organizzazione, come il latitante Salvatore Lo Piccolo, che nei colloqui con il marito era la “zia Rosalba”. La donna incontrava anche il boss Antonino Cinà, il medico di Riina. Dalle intercettazioni in carcere, è emerso che si è occupata pure di un’altra questione piuttosto delicata: aveva provato a convincere il pentito Marco Favaloro a ritrattare le pesanti accuse nei confronti del marito. Il 29 agosto del 1991, Favaloro fece da autista a Salvino Madonia, il sicario che fermò per sempre la voce coraggiosa di Libero Grassi, l’imprenditore che aveva detto no al racket. Ventisei anni dopo, in quella stessa zona di Palermo, una ventina di commercianti paga ancora il pizzo.

 

 

fonte: www.repubblica.it

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