L’urlo dei medici sfruttati: “siamo incazz…”

Qualche spicciolo, pochi euro, o un pasto veloce e magari freddo. E’ quello che si ritrovano in mano i giovani medici italiani “ridotti a paghe da fame”. Una situazione allarmante denunciata sui social network, con molta rabbia, nei gruppi che danno voce alla frustrazione di una generazione di laureati e specializzati ‘under 30’ che non riesce a mettere insieme uno stipendio decente. Avevano sognato il camice bianco e si ritrovano ad elemosinare la paga dopo una giornata passata in ambulanza a salvare vite. Precari di lusso potrebbe dire qualcuno, ma questi ragazzi non hanno molta voglia di scherzare. Si parla della loro professione, che amano, e della loro vita che sfugge via.

Su Facebook il gruppo ‘Giovani medici anti sfruttamento ‘, 2.800 utenti iscritti, raccoglie le storie e gli sfoghi dei dottori e delle dottoresse, spesso ‘under 35’. Di chi ancora non è strutturato in ospedali o Asl, oppure sta aspettando per il posto nella scuola di specializzazione e cerca di lavorare e studiare. Sono tante le prime esperienze negative con il mondo del lavoro e le difficoltà nel sopravvivere tra offerte assurde e evidenti sfruttamenti spacciati come impieghi. “I social – spiega all’AdnKronos il presidente del Segretariato italiano giovani medici Andrea Silenzi – raccontano tante realtà c’è un limbo nel passaggio dalla laurea al primo impiego.
Nelle grandi città per i giovani medici alla ricerca di un lavoro ci sono molte trappole e situazioni poco chiare nelle cooperative che gestiscono alcuni servizi di emergenza urgenza. In molti ospedali -aggiunge – lavorano fianco a fianco camici bianchi strutturati e altri a contratto pagati per le ore di prestazioni. Fanno le notti e le guardie entrambi, ma sono pagati in modo diverso”. “Il becchino e il medico – aggiunge Silenzi – non sono più lavori sicuri come una volta. C’è una grave crisi anche nel nostro settore. Colpa della mancata programmazioni a livello nazionale. Si straparla di mancanza di medici e poi ci sono tanti disoccupati o sfruttati. Le storie di colleghi pagati con pizza, birra o qualche altra cosa le conosciamo e capiamo la rabbia che sta montando sui social“. Nel mondo dello sport, ad esempio, è diffusa l’abitudine di pagare pochi euro l’ora, quando la presenza di un medico in una struttura o sul campo di gara può essere determinante in caso di arresto cardiaco.

La generazione degli ‘sfiorati’ non ci sta ad essere messa nell’angolo. Lotta, denuncia e cerca una visibilità che può smuovere l’apatia della politica verso i giovani. Qualcosa sembra muoversi. La Commissione Bilancio del Senato ha approvato l’emendamento alla legge di conversione del decreto fiscale che stabilisce il diritto a un compenso minimo al di sotto del quale non si potrà scendere che deve essere “proporzionato alla qualità e quantità del lavoro”. I giovani medici hanno aderito e “il 30 novembre saremo a Roma alla manifestazione per l’equo compenso – afferma Silenzi – si deve fermare lo sfruttamento delle partite Iva anche nel settore sanitario. Poi stiamo lavorando ad un Codice di comportamento per il giovane medico che potrò essere d’aiuto per muoversi nelle tante realtà locali e potrà dare dei punti di riferimento per evitare di cadere in situazioni anomale o al limite della legalità”. Perché dopo una giornata in ambulanza non arrivi la proposta di una pizza e di una birra ma un assegno.

 

 

fonte: http://www.adnkronos.com

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