L’Unione Europea danneggia la pesca artigianale del tonno in Sicilia

Bruxelles, con la scusa che i pescatori siciliani nasconderebbero i tonni pescati, penalizza le marinerie artigianali dell’Isola. In realtà, l’Unione Europea deve favorire le grandi multinazionali che operano nelle acque internazionali del Mediterraneo con le cosiddette ‘Navi fattoria’. Dietro c’è il grande affare del Tonno rosso del Mediterraneo – considerato il migliore del mondo – che viene venduto ai giapponesi a prezzi stratosferici. Il fallimento degli allevamenti di tonno in Sicilia

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Trivelle permettendo, il Mediterraneo è pieno di tonni. O meglio, è meta del tonno le cui carni sono considerate tra le più pregiate del mondo: il Tonno rosso del Mediterraneo. Ma, come avviene da qualche anno a questa parte, ai pescatori siciliani sono state riservate le briciole. L’ICCAT (International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas), l’organizzazione internazionale che si occupa della tutela dei grandi pesci pelagici nel mondo, ha sì aumentato le quote di pesca del Tonno rosso del Mediterraneo, ma la ripartizione è stata affidata alla solita Unione Europea che, tanto per cambiare – come ha fatto con gli agrumi e con l’olio d’oliva – sta penalizzando i pescatori del Sud Europa, con particolare riferimento alla Sicilia.

Per la cronaca, ogni anno l’ICCAT stabilisce quanti tonni possono essere pescati. Ad ogni Paese viene affidata una ‘quota’: che è il numero di tonni che un Paese può catturare. Tale quota viene poi suddivisa tra le marinerie di ogni Paese.

In Europa la ripartizione viene effettuata dall’Unione Europea, cioè da chi, ormai da decenni, ha messo in ginocchio la pesca mediterranea con regolamenti che, se vanno bene nei mari del Nord Europa, sono disastrosi quando vengono applicati nel Mediterraneo. 

Basti pensare a certi attrezzi da pesca proibiti alle marinerie dei Paesi del Sud Europa, ma che vengono regolarmente utilizzati dalle marinerie dei Paesi che si affacciano del Mediterraneo che non fanno capo all’Unione Europea. Da qui la concorrenza sleale alle marinerie del Mediterraneo, che non possono utilizzare certi attrezzi da pesca. A differenza delle marinerie mediterranee dei Paesi non europei che non solo utilizzano gli attrezzi da pesca da noi proibiti, ma che ci vendono anche il loro pescato. Una beffa!

Se a questi problemi si aggiunge la guerra in Libia – con l’impossibilità di pescare in un ampio tratto di Mediterraneo – la ‘frittata’, per i pescatori siciliani, è bell’e fatta!

Con il Tonno rosso del Mediterraneo ci sono regolamenti cervellotici, ma anche speculazioni ‘a cura’ delle multinazionali della pesca che operano nelle acque internazionali (il ‘mare di nessuno’).

Quest’anno circa 4 mila pescatori siciliani non potranno pescare il Tonno rosso del Mediterraneo. Così ha deciso l’Unione Europea. L’aumento delle quote del 20 per cento è stato ripartito fra i trenta pescherecci autorizzati alla pesca industriale: imbarcazioni che pescano con i palangari (pesca con gli ami) e imbarcazioni che pescano con le reti di circuizione. La UE ha escluso le marinerie artigianali e costiere della Sicilia che rappresentano l’80 per cento del settore e sono considerate tra le più grandi del nostro Paese.

Perché sta succedendo tutto questo? Ufficialmente perché i pescatori siciliani delle marinerie artigianali non dichiarerebbero i reali quantitativi di Tonno rosso catturato. E poiché la ripartizione viene fatta sul pescato, avendo ufficialmente pescato pochi tonni, le marinerie artigianali della Sicilia sono state penalizzate.

In realtà, le motivazioni vere sono altre. Basti pensare che lo scorso anno alla Sicilia sono state assegnate appena 250 tonnellate di tonno per la pesca con palangaro (per lo più riguardano le marineria di Marsala e Catania) e 1450 tonnellate di Tonno rosso con il sistema della rete a circuizione autorizzate a tre pescherecci catanesi.

La verità è che il mercato del Tonno è uno dei mercati del pesce più remunerativi del mondo. Soprattutto da quando la domanda al consumo da parte dei Giappone ha ricominciato a tirare. In Giappone i prezzi spuntati dal Tonno rosso del Mediterraneo sono elevatissimi perché, come già ricordato, le carni del tonno pescato nel Mediterraneo sono considerate le migliori del mondo.

Da qui l’interesse delle grandi multinazionali che condizionano le scelte degli organismi e delle realtà politiche ed economiche internazionali.

Nelle acque internazionali del Mediterraneo operano le ‘Navi fattorie’ – controllate dalle multinazionali – che pescano e vendono il Tonno rosso del Mediterraneo direttamente ai giapponesi. Figuriamoci se questi gruppi danno spazio alle marinerie siciliane!

Ovviamente, le catture di esemplari ti Tonno rosso non possono superare un certo numero ogni anno: altrimenti gli stock si riducono i finisce il grande affare. Questo spiega perché alcune realtà vengono penalizzate (e tra queste c’è la Sicilia) e altre favorite.

La storia non è nuova. Per ovviare a parte di questi problemi si è pensato agli allevamenti di tonno. Esemplari catturati quando sono di piccola taglia e trasportati negli allevamenti, che non sono altro che grandi gabbie ancorate a poca distanza dalla costa. In Sicilia, sino a qualche anno fa, erano stati realizzati i primi allevamenti di Tonno rosso del Mediterraneo. Ma vuoi per sfortuna (una violenta mareggiata che ha distrutto le gabbie), vuoi per i problemi creati agli imprenditori (c’era chi parlava di inquinamento), l’allevamento del Tonno rosso non è più di moda.

Sono invece di moda in Croazia, dove gli allevamenti di Tonno rosso sono una realtà.

In Sicilia a mancare è la politica. Nella nostra Regione non c’è una politica della pesca e non riusciamo a fare sentire la nostra voce a Roma, figuriamoci a Bruxelles.

Ieri, sulla vicenda, è intervenuto l’assessore regionale all’Agricoltura e Pesca, Antonello Cracolici, con il seguente comunicato:

“Ho convocato il Consiglio regionale della pesca per lunedì 21 marzo al fine di assumere tutte le iniziative necessarie per tutelare la nostra marineria artigianale e costiera, ad oggi esclusa dalla ripartizione delle quote tonno recentemente decretate dal Direttore Generale del Ministero della Pesca”.

“A fronte di un aumento del 20 % delle quote tonno rispetto all’anno precedente, non viene prevista nessuna quota per la pesca artigianale. Il Mediterraneo è pieno di tonni che stanno prosciugando il mare di specie di cui si alimentano come le sarde e le acciughe. Ciò rappresenta un colpo mortale ad un’attività che fa parte della tradizione e della pesca siciliana. Voglio ricordare che l’attività della pesca artigianale siciliana è quella con la marineria più grande d’Italia – continua Cracolici. Oltretutto questa decisione appare ancora più inaccettabile considerato che per la pesca sportiva sono state previste delle quote ammissibili. Si determina un paradosso: al pescatore artigianale che da decenni opera in mare viene negata la cattura del tonno, mentre al pescatore occasionale sportivo viene riconosciuta tale possibilità. Mi auguro che possano rivedersi tali criteri tenendo conto che lo stesso parlamento europeo ha approvato una risoluzione dove invitava a ripartire il 20% delle quote tonno nazionali tenendo conto anche della pesca artigianale”.

Come si può notare, non c’è alcun cenno a un’Unione Europea che continua a penalizzare la Sicilia: basti pensare agli agrumi del Marocco che hanno messo in ginocchio l’agrumicoltura siciliana, e l’invasione dell’olio d’oliva tunisino che penalizzerà i produttori di olio extra vergine di oliva di Puglia, Calabria e Sicilia.

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