L’Irsap revoca autorizzazioni ad imprese colluse con la mafia

vocato, inoltre, tutte quelle autorizzazioni ottenute negli anni dalle pregresse gestioni da soggetti aventi rapporti con la mafia

irsap-trqapani-presidente-Cicero-mafia-marsalanewsTolleranza zero con le imprese in “odor di Mafia”. Con una direttiva, a firma del presidente Alfonso Cicero, l’Irsap ha revocato sei autorizzazioni ad un’impresa dell’area industriale di Trapani a rischio di infiltrazioni mafiose. A farne le spese e la “I.p.a.c. e C. Sas”, che si è vista negata dall’Irsap l’autorizzazione per affittare una parte dell’edificio industriale, per insediare una nuova società.

L’atto di revoca delle, e il contestuale diniego ad un’ulteriore analoga richiesta, colpiscono L’impresa in questione sarebbe riconducibile a soggetti in rapporti “fiduciari” con il capo mandamento di Cosa Nostra di Trapani, il boss Vincenzo Virga, per cui l’Irsap ha revocato, inoltre, tutte quelle autorizzazioni ottenute negli anni dalle pregresse gestioni. L’Irsap ha avviato un’attività di verifica su tutte le aziende insediate nelle area industriale, inoltrando alla Prefettura le richieste di informazione antimafia e conseguentemente ha dato immediata efficacia all’interdittiva prefettizia nei confronti della “I.p.a.c. e C. Sas”, comunicando il diniego ad ulteriori locazioni a terzi.

La società in questione è insediata da 45 anni nella Zona Industriale come società di conservazione alimenti, ma negli anni aveva ceduto in affitto numerosi immobili all’interno di un vasto opificio a cinque diversi gruppi imprenditoriali, alcuni dei quali di caratura nazionale, in un lotto industriale di oltre 11 mila metri quadrati. Tali locazioni avevano ottenuto in passato il via libera dal consorzio Asi di Trapani. La “I.p.a.c. e C. Sas” aveva chiesto di poter insediare una società ortofrutticola nella zona industriale di Trapani.

Oltre allo stop perentorio a questa nuova procedura, l’Irsap ha revocato l’autorizzazione agli “affitti” che avevano consentito alla società di insediare sei aziende nel proprio opificio, notificando la sopravvenuta inefficacia di quei contratti in virtù del rischio di infiltrazioni mafiose.

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