La vera vergogna del Paese: le 30mila pensioni d’oro che nessuno osa toccare
Sono quasi trentamila gli italiani che percepiscono pensioni d’oro, il più delle volte non maturate, ma con assegni che oscillano da 40mila a 200mila euro all’anno. Hanno lavorato per il Parlamento, la Corte Costituzionale e la Regione Sicilia e non si conoscono i contributi effettivamente versati. Privileggi di casta in un Paese che di democratico ha solo il partito che lo amministra, forse! E pensare che “comune mortale”, nel regime Inps, deve lavorare per almeno 66 anni e 7 mesi, oppure avere 42 anni e 10 mesi contribuzione per ottenere una misera pensione.
C’è un gruppo di privilegiati, che percepisce pensioni d’oro, che nessuno osa toccare. Sono circa 30mila persone, con pensioni che costano, allo Stato, più di un miliardo e mezzo l’anno, con assegni che, a seconda delle posizioni ricoperte, variano tra i 40mila e i 200mila euro all’anno.
I “fortunati” pensionati, non toccati dalle riforme del sistema previdenziale, hanno lavorato alla Camera, al Senato, alla Corte costituzionale, alla Presidenza della Repubblica o alla Regione Siciliana. Ma non stiamo parlando solo della “Casta”, ovvero degli ex parlamentari, consiglieri regionali, o giudici. Anche il personale che ha prestato servizio nei suddetti enti gode di un trattamento di favore. Eppure, come scrive il Corriere della sera, da dodici anni c’è una legge che impone di conoscere tutto su quelle pensioni, con i dati che andrebbero trasmessi al casellario centrale della previdenza. Ma la legge puntualmente viene disattesa, sulla base di un principio fino ad ora considerato inviolabile: l’autonomia regolamentare (e di bilancio) e, per la Sicilia, lo Statuto speciale.
Alberto Brambilla, ex presidente del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale (chiuso nel 2012), ogni anno pubblica un rapporto dettagliato sulle pensioni. Nell’ultima edizione si sofferma anche su “l’altro sistema previdenziale”, quello che si sottrae alle regole che valgono per i “comuni mortali”. Si tratta di mettere insieme dati difficili da reperire, ammette Brambilla, perché gli enti interessati fanno muro e, contrariamente a quanto previsto dalla legge 243 del 23 agosto 2004, non trasmettono i dati al Casellario centrale. Proprio per questo non si sa, con esattezza, quanti contributi sono stati effettivamente versati, quante pensioni vengono erogate e a quali importi. Gli esperti per ovviare a questo problema hanno esaminato, uno ad uno, i bilanci degli enti e degli organi costituzionali, riuscendo, in questo modo, a fare una prima stima sulle pensioni d’oro.
In media si tratta di assegni da circa 40mila euro lordi all’anno per gli ex pensionati della Regione Sicilia (che in totale sono 16.377), fino ai 200mila dei 29 ex giudici costituzionali (16.600 al mese). Poi si segnalano i vitalizi di Camera, Senato e Regioni (7.500 al mese), i 55mila all’anno per gli ex dipendenti del parlamento e del Quirinale, e i 68mila degli ex dipendenti della Consulta.
Oltre ad una macroscopica sperequazione tra contributi effettivamente versati e assegno percepito, a colpire è l’enorme differenza sull’età raggiunta la quale si può andare in pensione: fino al 1997 ai parlamentari bastava aver fatto una sola legislatura (neanche tutti i cinque anni) per poter avere diritto al vitalizio a 60 anni, e per ogni ulteriore legislatura il limite si abbassava di 5 anni. Solo dal 2012 il limite è stato alzato a 65 anni. Ma per i “comuni mortali” nel regime Inps servono almeno 66 anni e 7 mesi, oppure 42 anni e 10 mesi di lavoro per ottenere la pensione anticipata.
fonte: http://www.ilgiornale.it/