La “Eurotopia” di Laura Boldrini

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Nell’intervista di Eugenio Scalfari alla Presidente della Camera Boldrini, apparsa ne ‘la Repubblica’ di una settimana fa, al di là dell’ apparente passione europeista di entrambi, emerge in modo esplicito che la tenuta del sogno europeo maturato in quel gruppo di oppositori al regime fascista confinato a Ventotene, Altiero Spinelli in testa, cominci a non essere più condivisa con la sicurezza di un tempo e si stia rivelando, per l’ appunto, una solenne utopia.

La fine, quindi, più che sottintesa nel corso del colloquio, del frutto di quei nobili intenti partoriti da quegli illustri pensatori, forse più per una sorta di slancio creativo – tipico della condizione di segregazione – che per convinzione vera.

“Coacervo di Paesi”, è la dura definizione di Scalfari a proposito della cruda realtà europea sotto i nostri occhi, ben lontana da quell’ unione politica che all’ inizio dell’avventura ci eravamo illusi fosse dietro l’ angolo: l’immediata ulteriore tappa (cel’avevano fatto credere), dopo l’ unione monetaria.

Assistiamo, invece, a quel che spesso avviene fra coniugi in fase di divorzio, quando gli egoismi e gli interessi subentrano senza ritegno a qualunque altra considerazione.

Nel nostro caso appaiono quelle chiare manifestazioni generalizzate di nazionalismo, legate alle situazioni più disparate: dalla sovranità alla finanza, dalle apparenti ricuciture provvisorie ai voltafaccia con mal celati accenti di arroganza.

E, per finire, con le puntuali opposizioni in linea con le immancabili valutazioni individuali di consenso elettorale, che non rappresentano di certo le giuste premesse per giungere a quella coesione indispensabile per porre rimedio al percorso malamente intrapreso.

La molteplicità delle contraddizioni e la diversità delle posizioni nei confronti dei vecchi e nuovi problemi che affliggono l’Europa, inducono la Presidente  Boldrinia parlare di “Eurotopia”, soffermandosi nel contempo ad elencarne, o lasciandoli intendere, i più macroscopici.

Temi costanti, fra l’altro,dell’ informazione audiovisiva. Ma trascurando, non si sa quanto volutamente, sia lei che Scalfari, quello che va considerato un intralcio fra i più significativi: la babele di lingue.

Un comprensibile ostacolo alla comunicabilità, cioè, non si sa bene quanto penalizzante per la maggioranza dei rappresentanti di quel “coacervo di Paesi”: ognuno con il proprio linguaggio, insomma, così diverso da quelli degli altri.

Si è soliti citare, molto a sproposito, gli Stati Uniti d’America come esempio di unitarietà, sorvolando sul fatto che in quel Paese la lingua inglese è comune alla popolazione di tutti gli Stati dell’Unione, dove si governa, si discute del bene e del male, di guerra e di pace, di pani e di pesci, senza il minimo ausilio di interpreti.

Tutt’ altra cosa che essere impegnati in dialoghi e ascolti falsati dal furbesco distinguo del significato delle parole, rara avis nell’ inglese di Renzi o della Merkel che parla inglese e pensa in tedesco.

Ma sarà questo un vero e proprio ostacolo al compimento del più ambizioso dei progetti, considerato che in fondo i meno attrezzati linguisticamente si arrabattano come possono grazie all’ impegno degli eroici interpreti?

Penso proprio di sì. Se la Democrazia è partecipazione, non si può enunciare questo solenne richiamo senza rispettare il diritto dei cittadini, di quel sia pure “Coacervo di Paesi”,di poter comprendere e valutare l’attività dei parlamentari che decidono della loro sorte, nel migliore di casi nella confusione di resoconti non si sa quanto fedeli.

Oppure siamo alle solite e dobbiamo parlare anche in questo caso di un coacervo di “strumenti ciechi d’ occhiuta rapina”, per dirla col Giusti?

Sarà sufficiente l’azione di collegamento dei Media – te li raccomando! – e dei loro manovratori? Una quadratura del cerchio, poveri noi, che non fa una grinza!

E allora? Niente altro che tirare i remi in barca e ricominciare daccapo partendo con il piede giusto, dalle buone e consolidate conquiste, delle quali non può far parte l’oscenità della moneta unica fintantoché non si potrà parlare di Stati Uniti d’ Europa.Nella sovranità dell’unione.

In cima alla lista non potrà non esserci la seria e globale promozione dello studio della lingua dell’Avon, alla pari di quelle di appartenenza, da parte delle masse di giovani studenti, e dei meno giovani insegnanti, come primo passo verso un successo solo rimandato.

Una scelta, questa linguistica, dettata esclusivamente dalla sua diffusione nel mondo, sulla quale si potrebbe discettare non poco. E anche sul fatto che la lingua Italiana non risulti fra quelle ufficiali –Inglese Francese Tedesca – della Comunità Europea.

La Svizzera, per dirne una, non da ora esempio in Europa di confederazione di popoli di diversa cultura, adotta ufficialmente – e le banconote ne fanno fede – le quattro lingue nazionali: Tedesca Francese Italiana Romanza.

Evidentemente l’Avon è più importante dell’Arno, e Dante non è Shakespeare. Epoco conta quel tal Virgilio delle nostre parti,che era ormai morto da 7 secoli, quando nella terra Celtica la letteratura veniva alla luce pescando nella tradizione orale. Come nella Grecia di Omero, direbbe qualcuno.

Mi arrendo … alle ragioni del più forte!

di Gianfranco  Becchina

 

 

Caro Gianfranco, condivido pienamente le “tue” preoccupazioni; e aggiungo, le “mie”:

“E’: il caos di un’Europa a brandelli, “ricucita” con tanta approssimazione; una moneta unica che non unisce, ma che divide popoli e nazioni, generando ricchezze e poverta; un Continente travagliato da millenni di conflitti, dove oggi “convivono”, vincitori e vinti, oppressi ed oppressori, carnefici e vittime; una grande “Patria” senza una propria identità unitaria, uniti dal vile euro e dalla bieca arroganza economica-massonica. Questa è l’Europa che decide le nostre sorti e che dosa col misurino la crescita o il calo dell’economia dei Paesi membri per garantire la “supremazia” della Germania che dopo una novantina di anni si sta riprendendo la sua rivincita senza, “ufficialmente” versare sangue, ad eccezione delle miglia e migliaia di persone che hanno perso tutto, pure la vita; nella totale indifferenza dei Media e degli “europei”. Rivoglio la mia Italia, quella che mi hanno imparato ad amare, la terra su cui mi onoro di vivere da “re” e non da suddito ad alcuno; la stessa per la quale i miei nonni versarono il proprio sangue per liberarla da barbari oppressori, quella Patria per la quale mi lacrimano gli occhi al solo sentire intonare l’Inno di Mameli….

di Alberto Emilio Di Paola 

 

PUBBLICHIAMO, QUI DI SEGUITO, L’ARTICOLO (REPUBBLICA

05/02/2016)

A CUI FA RIFERIMENTO IL NOSTRO LETTORE GIANFRANCO BECCHINA

Boldrini: “L’Europa è a pezzi, rilanciamo l’utopia dei fondatori”

Boldrini: "L'Europa è a pezzi, rilanciamo l'utopia dei fondatori"

Il colloquio. “Le masse di migranti, la disoccupazione e le disuguaglianze crescenti rendono sempre più necessaria la nascita della Federazione europea”

HO INCONTRATO il 2 febbraio scorso Laura Boldrini nella sua residenza alla Camera dei deputati da lei presieduta. Il tema che volevo discutere con lei era quello dell’Europa che da tempo è diventato dominante nella sua mente ed anche nella sua missione politica.

L’Europa è a pezzi mentre la situazione intorno a noi diventa sempre più drammatica: la transumanza di popoli interi, la civiltà globale che in questa forma così avanzata non era mai esistita e che le nuove tecnologie hanno reso ancor più operante nella circolazione delle merci, dei capitali, delle culture, dei linguaggi; le guerre locali sempre più diffuse e cruente; il fondamentalismo ideologico e religioso che ha dato luogo a forme di terrorismo efferate e mondializzate; infine la necessità di Stati di dimensioni continentali che abbiano la possibilità di confrontarsi tra loro pacificamente ma liberamente, dando vita ad una multipolarità indispensabile per agire in una società planetaria: Stati Uniti d’America, Cina, India, Brasile, Sudafrica.

Bisognerebbe aggiungere Europa poiché il nostro è uno dei continenti dotato d’una storia plurimillenaria, d’una cultura, d’una civiltà e di una ricchezza antica che ne farebbe uno dei continenti più potenti del pianeta. Bisognerebbe, ma purtroppo non si può perché l’Europa come Stato non esiste e dopo la caduta dell’Impero romano, non è mai esistito. E’ un coacervo di Paesi, 28 per l’esattezza, 19 dei quali hanno creato una moneta comune, legati tra loro da vincoli confederali e guidati da istituzioni confederate, delle quali ci sono i capi dei 28 governi che deliberano sulle materie comuni se e quando decidono con voto unanime o con maggioranze qualificate.

Si può andare avanti così?, domando a Laura Boldrini.
“No, non si può andare avanti così, tanto più in una fase di crisi economica che dura ormai da un decennio e da un terrorismo atroce che si diffonde di giorno in giorno. Le masse di emigranti, la disoccupazione e la povertà, le diseguaglianze crescenti, rendono sempre più necessaria la nascita della Federazione europea, ma pochi passi sono stati compiuti in quella direzione. Uno di essi, tra i più appropriati, fu l’accordo di Schengen, una cittadina sulle rive della Mosella, quando furono aboliti i confini interni tra i principali Paesi europei. Ma ora, a causa dell’immigrazione di massa degli ultimi mesi, quei confini sono stati quasi ovunque ripristinati; in alcuni Paesi addirittura con la costruzione di muraglie e di reticolati non violabili”.

Quegli Stati però, specialmente la Germania, dicono che tra qualche mese saranno di nuovo aboliti. Lei pensa che questo avverrà?
“Purtroppo mi sembra molto difficile, l’emigrazione continuerà e anziché accoglierla i Paesi europei cercano di arginarla; nel frattempo cresce il peso politico dei movimenti populisti e xenofobi, nazionalisti e contrari all’Europa e alla moneta comune”.

Questo è il futuro che lei prevede?
“Purtroppo sì e prevedo anche che se questo futuro non sarà sostituito da un’opinione pubblica di tutt’altra intonazione, il sogno europeo si dissolverà. Temo che ciò avvenga e per quanto posso sto facendo tutto ciò che credo utile a invertire questa tendenza”.

Finora lei ha tentato ed è parzialmente riuscita a mettere insieme quattro presidenti delle Camere con il dichiarato obiettivo degli Stati Uniti d’Europa. Questo avvenimento fu reso pubblico alcuni mesi fa, ma era appena un inizio. E’ andata avanti su questa strada? Non le sembra un’utopia? L’Europa unita non pare che mobiliti l’opinione degli europei. Sono largamente indifferenti, semmai più sensibili alla propaganda xenofoba. Lei è ottimista? Spera che questa situazione si possa modificare in un lasso di tempo ragionevole?
“Lei ha parlato di utopia. E’ vero. Io l’ho battezzata col nome di Eurotopia, cioè utopia dell’Unione europea. E mi riferisco al primo gruppo di persone che la pensò e poi lottò per realizzarla in una data molto lontana: 1941. In Italia c’era ancora Mussolini, la guerra infuriava in tutta Europa e nel mondo intero: Germania, Italia, Giappone, contro Francia, Inghilterra, Stati Uniti d’America e campi di sterminio, culminati con la Shoah. E voglio ricordare che l’utopia d’una Europa unita, federata, pacifica, fu lanciata da un gruppo di antifascisti confinato nell’isola di Ventotene: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, Ursula Hirschmann. Il loro motto era “La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve esser percorsa e lo sarà”. Più tardi, quando la guerra era finalmente terminata e Spinelli già lavorava affinché il sogno europeo prendesse forma, disse un’altra frase che è diventata la mia guida: “Il valore di un’idea, più ancora del suo successo finale, è fatto dalla capacità di risorgere dalle proprie sconfitte””.

Lei sa che anche Matteo Renzi nei giorni scorsi è stato a Ventotene per rendere omaggio a Spinelli e al suo Manifesto?
“Lo so e ne sono stata molto contenta. Spero tuttavia che Renzi abbia ben chiaro che Spinelli voleva un’Europa federata e non confederata. Finora la politica italiana non ha manifestato e fatto proprio quest’obiettivo”.

La differenza è forte?
“Molto forte”.

Quali sono secondo lei le persone che hanno ereditato gli ideali di Ventotene?
“La storia lo dice: De Gasperi, Adenauer, Schuman. Furono loro a fondare la Comunità del carbone e dell’acciaio, il primo nocciolo di un’Europa unita e furono loro ad ispirare i trattati di Roma che dettero le prime indicazioni dell’Europa politica oltreché economica”.

Ma oggi? Chi sono secondo lei le persone di alta levatura politica, economica, sociale che hanno ancora in mente l’obiettivo che lei persegue?
“Non sono molti, ma la loro importanza non è da poco: certamente il presidente Mattarella e i presidenti emeriti Ciampi e Napolitano. Aggiungo anche Mario Draghi che guida la Banca centrale europea”.

Angela Merkel? Hollande?
“Lo spero, ma prove effettive da parte loro non sono ancora venute. Forse perché non esiste ancora una diffusa opinione pubblica europea che voglia gli Stati Uniti d’Europa. Questo è un punto essenziale: far sorgere un’opinione pubblica europea specie tra i giovani. Se i giovani guardano al futuro, al proprio futuro, il suo nome è Europa. Questo bisogna che la scuola gli insegni. Ma poi ci sono proposte concrete ed anche simboli. Non dimentichiamolo: i simboli sono molto importanti. Pensi alla bandiera tricolore che nacque nella Francia della rivoluzione e fu adottata in Italia da Mazzini e da Garibaldi”.

Ha ragione quei tre colori rappresentavano tre valori: libertà, eguaglianza, fraternità. Sono stati i grandi valori della Rivoluzione e del Risorgimento italiano e sono al centro della nostra Costituzione repubblicana. Ma, a parte i simboli, lei ha in mente anche modifiche istituzionali per arrivare all’obiettivo dell’Europa federata?
“Alcune iniziative e proposte, sì, sto cercando di effettuarle. Per esempio un contributo a garanzia europea per tutti gli europei che debbano essere economicamente sostenuti. Non dovrebbe esser finanziato dai singoli Stati, ma dall’Europa con il proprio bilancio, alimentato da una tassa specifica. Insomma una forma di assistenza e di giustizia sociale che creerebbe di colpo un sentimento europeistico, soprattutto tra i giovani che oggi sono privi di speranze di futuro e afflitti da gravi disagi nel presente. Penso anche a creare una cittadinanza europea. Per ora c’è nelle parole ma non nei fatti. La cittadinanza vera è solo nazionale. E’ questione procedurale ma è appunto sulle procedure che dobbiamo agire. Il cittadino europeo deve essere tale a tutti gli effetti del diritto e così anche per quanto riguarda il diritto di voto. Le procedure di voto oggi sono dissimili da Paese a Paese. Bisogna renderle eguali di modo che i candidati siano transnazionali ed anche il Parlamento di Bruxelles lo sia, nei fatti e non solo nelle parole. Prima parlavamo di simboli e di bandiere. La bandiera europea deve venire per prima; quella nazionale è importante ma viene dopo. E gli inni. Mameli va benissimo, nella nostra storia come la Marsigliese è la storia della Francia, ma l’Inno alla Gioia è l’Europa e deve essere suonato per primo in tutte le pubbliche circostanze”.


Di queste cose abbiamo lungamente parlato. Laura Boldrini partirà nei prossimi giorni per l’isola di Lesbo dove migliaia di rifugiati arrivano e poi ripartono affrontando la morte del mare, come avviene anche dalla Libia. I rifugiati non possono essere respinti o immobilizzati da fili spinati. Poi da Lesbo andrà a Schengen nel battello ancorato sulle rive della Mosella. Anche questo sarà un viaggio simbolico.
Ma nel concreto – le ho chiesto – come vedrebbe un ministro del Tesoro europeo, unico interlocutore della Bce? E come vedrebbe la futura Europa federale: con un presidente del genere di quello che siede alla Casa Bianca?
“Il ministro del Tesoro unico lo vedo come un obiettivo fondamentale. Ricordo che è una proposta di Draghi. Nell’ambito delle mie competenze non spetta a me impegnarmi su questa materia, ma come cittadino speranzoso d’una futura Europa, trovo questa proposta della massima importanza. Dovrebbe disporre di un debito pubblico sovrano e quindi emettere titoli del Tesoro europei e promuovere adeguati investimenti e garanzie bancarie. Bisogna farlo. Dal canto mio proporrò che siano rese più numerose e vengano prese nella dovuta considerazione dal Parlamento di Bruxelles, le proposte di legge di iniziativa popolare. Sarebbe un passo avanti notevole”.

E l’architettura presidenziale di tipo americano? Io credo che sia la migliore soluzione.
“Su questo punto la pensiamo diversamente: io credo in un regime democratico di quelli che i Paesi europei hanno sempre applicato salvo drammatiche eccezioni”.

Lei dice sempre ma qui mi permetta di correggere: io dico quasi mai. La vera democrazia ha spesso ceduto il campo a formule di potere concentrato su un piccolo gruppo di consulenti di una sola persona. Penso alla Gran Bretagna, culla del liberalismo, il premier decide tutto e da solo. In America il presidente ha grandissimo potere e governa direttamente, ma il Congresso ha un potere di controllo e di freno molto democratico.
“Questo tema è

di grande interesse, ma mi consenta di dire che è prematuro. Verrà il tempo. Intanto lavoriamo per l’Europa federata”.

Le ho fatto i miei auguri. Anzi: li faccio a ciascuno di noi affinché questa utopia cominci a camminare per le strade di tutta Europa.

di EUGENIO SCALFARI

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