In lieve ripresa l’export trapanese
In ripresa l’export in provincia di Trapani. In base ai dati elaborati dall’ufficio studi e statistica della Camera di Commercio di Trapani, nel primo trimestre del 2015 le vendite all’estero hanno fatto registrare, nel complesso, una piccola ma significativa crescita del 2,8%, superando la soglia dei 54 milioni di euro di controvalore, anche alla luce dell’andamento negativo degli ultimi 2 anni, che aveva ridotto di circa 10 milioni il controvalore esportato rispetto al dato del 2012. Questa tendenza positiva risulta influenzata dal buon andamento di alcune delle tipologie merceologiche più vendute, cioè il vino e l’olio per l’agroalimentare (anche se nel primo caso si tratta di un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi due pesanti anni, mentre per il secondo è una prosecuzione del trend positivo del 2014), il marmo grezzo e il settore dell’abbigliamento, del cuoio e delle calzature, cresciute in soli 2 anni del 250%, arrivando a diventare, con oltre 7 milioni di euro, il terzo prodotto più venduto all’estero dalle nostre imprese.
“Si tratta di dati sicuramente incoraggianti – ha dichiarato il presidente della Camera di Commercio Giuseppe Pace – che lasciano ben sperare per il futuro. Analizzando i dati emerge come le nostre eccellenze, soprattutto nell’agroalimentare, fanno da apripista all’andamento positivo dell’export, con diversi settori in crescita, facendo registrare buoni incrementi. L’affermazione nei mercati internazionali delle nostre produzioni è un segnale che lascia finalmente intravedere nuove e più rassicuranti prospettive per le nostre aziende, per anni costrette a fare i conti con i contraccolpi della crisi economica. Adesso stanno arrivando i primi segnali di ripresa, frutto dei sacrifici delle imprese, che tra forti difficoltà sono riuscite a restare nel mercato, oltre che del lavoro svolto in questi anni anche in termini di promozione del territorio e delle sue produzioni locali”.
Il settore vinicolo ha registrato, dopo gli ultimi due anni terribili in cui ha perso quasi un terzo del valore dell’export, una crescita, rispetto all’analogo periodo del 2014, del 5,7%, passando da 9 a 9,5 milioni di euro, grazie al parziale recupero di acquisti da parte di 2 tradizionali acquirenti come gli Stati Uniti (tornati, con una crescita del 60% quasi ai livelli del 2013) e la Germania, + 16%, e il continuo sviluppo degli ordini provenienti dal Giappone, che ha più che duplicato il controvalore segnato nel 2013 e che è ormai arrivato, con 1,5 milioni in 3 mesi, ai livelli degli acquisti tedeschi. Di contro fanno segnare cali abbastanza significativi ma non sufficienti a contrastare gli incrementi di Regno Unito, Svizzera e Svezia (tra il 25 e il 40%).
Anche l’export oleario ha fatto segnare una crescita dell’8%, tanto più sorprendente in quanto arriva dopo la scorsa pessima annata produttiva, e che conferma l’ottima performance del 2014, allorquando l’incremento, rispetto all’analogo periodo del 2013, era stato superiore al 60%. Naturalmente le vendite sono state condizionate da quello che rappresenta ormai l’unico mercato di sbocco del nostro olio, cioè gli Stati Uniti che, con una crescita del 36%, con circa 2,7 milioni di euro di controvalore, sono arrivati a rappresentare circa i tre quarti degli acquisti del nostro prodotto, mentre non accennano a riprendersi le vendite verso Giappone e Canada, ridottisi complessivamente ad appena 500 mila euro di controvalore.
Ottimo l’andamento dell’export del marmo grezzo, cresciuto in un solo anno del 46%, grazie al ritorno degli acquisti dall’India che, con 2 milioni di euro, rappresenta, assieme all’Egitto, l’unico mercato di sbocco di tale tipologia merceologica. A tale oltremodo positivo sviluppo ha, purtroppo, fatto da contraltare l’export di marmo lavorato che ha segnato, rispetto al primo trimestre 2014, una netta battuta d’arresto del 12,6%, (oltre 1,5 milioni di euro la perdita, che ha ridotto le vendite a 11,6 milioni di euro), causata dal crollo del principale mercato di sbocco, cioè l’Arabia Saudita, che ha perso ben il 30% in un solo anno (oltre 2 milioni di euro di calo), e dalla contrazione degli acquisti dell’altro tradizionale paese acquirente, cioè il Marocco, con una perdita di poco inferiore al 10% su base annua. Continuano ad aumentare, invece, le esportazioni verso Kuwait ed Emirati Arabi, cresciuti rispettivamente del 50% e del 32%, pur mantenendosi a livelli nettamente inferiori rispetto ai primi due paesi, così come si evidenzia un discreto interesse da parte dell’Algeria che ha più che duplicato le importazioni di marmo trapanese, mentre, rimanendo nell’area, sono quasi scomparse quelle libiche.
Ancor più pesante il calo delle vendite della frutta e degli ortaggi conservati, ridottesi del 26%, rispetto all’analogo trimestre del 2014, portando l’export a più che dimezzarsi in soli 2 anni (erano oltre 7 milioni di euro nel primo trimestre 2013, adesso si sono ridotte a poco più di 3 milioni). Tale andamento, il peggiore tra tutti i principali prodotti esportati, anche per il peso quantitativo di tale tipologia merceologica, risulta condizionato, anche in questo caso, dal ridimensionamento degli acquisti da parte dei principali paesi acquirenti, in particolare Canada (-80% rispetto al 2013, Regno Unito (-25% in un solo anno), Germania (-25%). Praticamente scomparse le vendite verso l’Austria e Taiwan, mentre l’unica nota positiva arriva dal raddoppio delle vendite verso gli Stati Uniti, mercato sempre più interessante per i nostri prodotti agroalimentari. Di analoga gravosità la riduzione dell’export di gambero mazarese, troppo condizionato dalla scarsità di mercati di sbocco, essendo la Spagna, in pratica, l’unico acquirente degno di nota (oltre il 90% del prodotto esportato), e che ha fatto segnare, rispetto al 2014, una riduzione del 27% di acquisti, condizionando in questo modo il risultato complessivo, mentre quello che sembrava essere un traffico crescente, cioè quello verso la Papua Nuova Guinea, è scomparso così come era sorto.
Battuta d’arresto anche per la tipologia merceologica che aveva fatto segnare negli ultimi anni il tasso di crescita maggiore, cioè le Altre macchine di impiego generale, con un calo dell’export del 9% nel trimestre in questione, dovuto alla scomparsa degli acquisti di Norvegia, Romania, Grecia e Germania (trai principali mercati di sbocco nel 2014) e al dimezzamento di quelli cinesi, ridottisi da 400 a 200 mila euro. La capacità delle imprese del settore a trovare nuovi mercati ha impedito un vero e proprio tracollo del comparto, avendo fatto segnare un vero e proprio exploit di vendite verso i Paesi Bassi (divenuto primo importatore con 850 mila euro in appena 3 mesi), Danimarca e Finlandia (con una crescita rispettivamente del 250 e del 150%).
A sostenere le esportazioni trapanesi sono stati tutta una serie di prodotti non food, grazie ai quali il bilancio delle vendite all’estero è stato positivo, cioè gli articoli di abbigliamento, le calzature e il cuoio e la pelletteria. I primi due hanno fatto segnare un incremento delle vendite all’estero, nel trimestre in questione, tra il 127% e il 137%, mentre per il cuoio e la pelletteria l’aumento è “appena” del 27%. Complessivamente il settore è diventato il terzo in provincia per controvalore delle esportazioni, arrivate a superare i 7 milioni di euro (oltre 3 l’abbigliamento, 2,8 il cuoio e la pelletteria e più di 1,2 le calzature), anche se tali vendite sembrano caratterizzarsi più come una partita di giro che una vera e propria esportazione di prodotti trapanesi. Infatti, all’incremento dell’export si accompagna fedelmente una crescita di importazioni degli stessi prodotti: la progressione di vendite all’estero che ha portato dagli appena 2 milioni di euro totali del 1° trimestre 2013 agli oltre 7 dell’analogo periodo di quest’anno è stata, infatti, affiancata da un analogo accrescimento dell’import, passato da 1,9 milioni a 4,8 milioni di euro. In particolare, oltre il 50% della merce arriva dalla Francia (soprattutto il cuoio, per oltre il 70 % del totale) ma anche da Regno Unito, Spagna e Paesi Bassi, mentre le vendite sono indirizzate in prevalenza verso l’estremo oriente (Hong Kong per tutte le tipologie merceologiche, primo mercato di sbocco con oltre il 50% di quota di mercato e ben 3,7 milioni di euro di controvalore, e Singapore, soprattutto per il cuoio e la pelletteria, con 800 mila euro di controvalore), ma anche verso l’altro capo del globo, cioè gli Stati Uniti, con oltre 1,4 milioni di euro di controvalore complessivo, soprattutto cuoio e pelletteria. Una quota residuale, circa il 5% del totale, prende la strada della Cina.
Crescono, infine, in maniera molto più rilevante, di ben il 28% rispetto al
l’anno precedente, anche le importazioni di merci dall’estero, arrivate alla soglia dei 53 milioni di euro di controvalore, rappresentate peculiarmente da pesce conservato e congelato, 16,3 milioni di euro in soli 3 mesi, in arrivo soprattutto da Vietnam, Thailandia, Spagna, Ecuador e Tunisia, carne conservata (6,3 milioni di euro, in calo del 12% e proveniente soprattutto da Francia, Spagna e Cina) e prodotti dell’abbigliamento, pelletteria e calzature (poco meno di 5 milioni di euro), ma anche 2,7 milioni di euro di prodotti di colture agricole.