Il Fatto Quotidiano sminuisce Il Volo: « Non sono in grado di trasmettere emozioni»
Ha destato scalpore, soprattutto a Marsala, la città di Ignazio Boschetto, l’articolo pubblicato oggi da Il Fatto Quotidiano su Il Volo, il trio italiano che ha vinto Sanremo con “Grande Amore”. Il trio venuto alla ribalta dal palcoscenico di Antonella Clerici è stato messo alla berlina dallo scrittore e critico musicale Michele Monina (di cui riportiamo una breve autobiografia e l’articolo integrale). Un attacco duro, “virulento”, al limite della diffamazione, ha investito Il Volo, proprio il giorno dopo la messa in onda del concerto del primo luglio di Firenze.
Martedì scorso Canale 5 ha ripetuto la magia che presenta non solo il concerto di Il Volo da quella notte, ma anche l’aggiunta di un meraviglioso documentario che mostra la realizzazione del concerto, il backstage e tutto il duro lavoro e le emozioni dietro le quinte. Trasmesso ieri sera in prima serata da Canale 5 è stato visto da 3,169 milioni di spettatori (14,03% dello share).
Michele Monina non usa mezze parole, li definisce: I “Tre Tenorini, leggi alla voce Il Volo, decidono di gettare la maschera e di indossare i panni dei Tre Tenori andando a replicare il famoso concerto tenuto alle Terme di Caracalla. Da una parte, quindi, loro, i tre miti: Luciano Pavarotti, Placido Domingo e Josè Carreras. Dall’altra i tre bimbiminkia prestati al bel canto direttamente da Antonella Clerici, impacchettati prima da Tony Renis e poi da Michele Torpedine, il Richie Finestra della discografia italiana, e poi santificati da Santo Carlo Conti dal palco dell’Ariston di Sanremo, con la vittoria acclamata di Grande Amore all’edizione 2015 del Festival della Canzone Italiana”. Lo scrittore e critico musicale aggiunge: “Un confronto, quello tra i big della lirica mondiale e i tre cantanti in erba incaricati di rappresentare la canzone italiana per gli italiani all’estero che, sulla carta, sembrava talmente improbabile da aver spinto i diretti interessati a prenderne a lungo le distanze, con la tipica metodologia italiana”.
Al di là della critica negativa de Il Fatto Quotidiano, i tre ragazzi de Il Volo sono mitici ed amati dal grande pubblico. Non potranno mai essere le copie perfette di Pavarotti, Domingo e Carreras, ogni maestro ha caratteristiche irriproducibili e poi sarebbe poco gratificante, anche per loro stessi, rimanere artisti cover e non professionisti di rilievo, non li gratificherebbe. Bravi ragazzi, studiate, migliorate, e darete presto le dovute risposte a chi si ostina ancora a non credere in voi.
MICHELE MONINA, Scrittore e critico musicale
Sono nato in Ancona nel 1969 e vivo mio malgrado a Milano ormai da diciassette anni. Diciassette anni nei quali ho pubblicato sessantasei libri, prevalentemente biografie di cantanti, ma anche romanzi, reportage e libri su sport e cultura popolare. Ho lavorato a MTV, scritto per radio e teatro e da qualche tempo sono passato dall’altra parte della barricata, producendo dischi e scrivendo canzoni conto terzi. Ho una moglie e quattro figli, motivo fondamentale per cui negli ultimi anni ho fatto così tante cose.
Il Volo su Canale 5, la grande truffa della lirica: speriamo che abbocchino all’estero così, almeno per po’, ce ne liberiamo
I Tre Tenorini (anzi, i due tenorini e il baritonino) non sono i Tre Tenori: cantano decisamente peggio, senza essere in grado di trasmettere uno straccio di emozione, e, per contro, senza avere la stessa tecnica vocale delle matrici
L’occasione è ghiotta. I Tre Tenorini, leggi alla voce Il Volo, decidono di gettare la maschera e di indossare i panni dei Tre Tenori andando a replicare il famoso concerto tenuto alle Terme di Caracalla. Da una parte, quindi, loro, i tre miti: Luciano Pavarotti, Placido Domingo e Josè Carreras. Dall’altra i tre bimbiminkia prestati al bel canto direttamente da Antonella Clerici, impacchettati prima da Tony Renis e poi da Michele Torpedine, il Richie Finestra della discografia italiana, e poi santificati da Santo Carlo Conti dal palco dell’Ariston di Sanremo, con la vittoria acclamata di Grande Amore all’edizione 2015 del Festival della Canzone Italiana.
Un confronto, quello tra i big della lirica mondiale e i tre cantanti in erba incaricati di rappresentare la canzone italiana per gli italiani all’estero che, sulla carta, sembrava talmente improbabile da aver spinto i diretti interessati a prenderne a lungo le distanze, con la tipica metodologia italiana. Lanciati come i Tre Tenorini, i Tre Tenorini si sono trovati spesso a chiarire di non essere Tre Tenorini,semmai Due Tenorini e un Baritonino, ma più che altro hanno sempre specificato di non avere studi classici seri alle spalle e di non avere, quindi, nulla a che spartire con cotanti esempi. Poi, capito che il repertorio originale che passava il convento non era all’altezza dei grandi classici, delle arie d’opera, delle vecchie canzoni italiane, quelle che in tutto il mondo conoscono, ecco la retromarcia: i Tre Tenorini decidono di omaggiare i Tre Tenori. E come lo fanno? Nel modo più diretto possibile: riproponendo un momento epico di Pavarotti-Domingo-Carreras, andando a replicare pedissequamente il concerto delle Terme di Caracalla, stavolta a Firenze. Con tanto di partecipazione di Placido Domingo, ci auguriamo pagato a sufficienza per questaimbarazzante marchetta.
Perché una cosa va detta, a scanso di equivoci: magari all’estero questo show potrà anche fare un bell’effetto, ma a vedere da qui lo spettacolo che ha trasmesso Canale 5, dal titolo Una notte magica, viene davvero una malinconia cosmica addosso. Perché quel che i Tre Tenorini hanno dichiarato, mettendo clamorosamente le mani avanti nel presentare il doppio cd che porta lo stesso titolo dello show televisivo, è proprio vero: la lirica e certi standard classici non sono esattamente la loro cosa. I tre ragazzini ci hanno tenuto a dire che nell’affrontare il repertorio che fu dei Tre Tenori hanno potuto rendere solo un quindici, venti per cento, e in effetti così è. Ora, ci viene da chiederci, perché dovremmo comprare un cd, o vedere uno spettacolo se già chi l’ha fatto ammette di essere stato scarso? Lo abbiamo comunque fatto, per quella forma di fascinazione per il brutto che ci spinge a guardare certe cicatrici o che causa le file in autostrada quando la gente rallenta per vedere gli incidenti, ma è stato davvero un brutto spettacolo. Perché i Tre Tenorini non sono i Tre Tenori: cantano decisamente peggio, senza essere in grado di trasmettere uno straccio di emozione, e, per contro, senza avere la stessa tecnica vocale delle matrici. Unica cosa che accomuna i titolari del progetto ai tre piccoli cloni, il pubblico, perché è al pubblico di Pavarotti e soci che Il Volo sta guardando con cupidigia, come del resto in passato ha già fatto Bocelli. Quindi via, da Nessun Dorma a Granada, passando per My Way e Non ti scordar di me. Presenza di scena importante, da vecchi infilati a forza dentro il corpo di tre ragazzini, e tutto quel che ci si può aspettare da chi ha passato più tempo su un palco che su un campetto da calcio o in cameretta a montare i Lego. Spettacolo perfetto in assenza di emozioni e anche in assenza di bella musica, con buona pace dei loro fan.
Ora, a show televisivo andato in onda, gentilmente offerto, guarda il caso, dalla solita Friends and Partners di Ferdinando Salzano, monopolista coreano della musica in tv, a doppio cd approdato nel mercato discografico, resta la speranza che, almeno all’estero, abbocchino a quella che potremmo definire The Great Lyric Swindle, la Grande Truffa della Lirica. Sì, la speranza è che Il Volo parta per una lunghissima tournée mondiale, così almeno per un po’ ce li siamo tolti dalle palle.
Chi ha interesse a boicottare il talento? Ovvero cultura di massa e talento artistico.
Helga Marsala con l’articolo “Sanremo e i tre ragazzi antichi. Il Volo: l’ennesima vittoria facile di un super show” (su Artribune) dà prova della consueta diffidenza delle sacche conservatrici del Paese verso i talenti artistici mainstream che per affermarsi non hanno bisogno della mediazione di certe élite di potere chiuse in bolle separate dai consumi pilotati.
Le argomentazioni dell’articolo sono capziose dalla prima all’ultima, proprie di un giornalismo d’arte fazioso: vogliono farci credere che l’ingenerosità verso i talenti artistici autentici ma marcatamente mainstream sia una forma di rigore intellettuale. Errato. I tre giovanissimi (dato molto importante) cantanti del gruppo Il Volo che hanno presentato al Festival Sanremo il pezzo “Grande amore” dimostrano indubitabilmente, all’interno del loro genere musicale, doti vocali ed interpretative. Doti che devono essergli riconosciute.
Fare pop non è mai “facile”, ed è assai raro nel pop ottenere successo “facile” perché ti spingono le lobby come al contrario accade nell’arte visiva dove troviamo opere ed artisti di dubbio valore, dove contano molto più i legami di salotto, famiglia, lista, baronia (e di letto), e qualche pagina di bla bla alla Bakargiev trasforma la peggior banalità stravista in capolavoro o se ti esibisci in atti squallido-sensazionalistici susciti l’entusiasmo di Chiara Bertola.
I soffitti alti della villa citata dalla Marsala ci sono anche nei musei, Palazzo Grassi, Villa Panza, Rivoli, inoltre non si può parlare di cultura mainstream senza contestualizzarla nel genere di appartenenza, passaggio tranquillamente ignorato dalla “critica” (tra molte virgolette) d’arte italiana.
La scena dell’arte contemporanea istituzionale abbonda di Sanremo e super-show che tuttavia si chiamano Biennale e Documenta. L’avete visto il Premio Maxxi con le artiste pseudosperimentali che si fanno premiare sul teppeto rosso, buone, brave, vestite bene, obbedienti come i bambini dello Zecchino D’Oro, con la supervincitrice Marinella Senatore che dichiara di essere “molto emozionata. In realtà ho lavorato tanto. Voi avete lavorato tanto” e parla di “un segnale di apertura”. Il “segnale” sarebbe quello di concedere al pubblico il ruolo comparsa?
Dove sta la differenza? Comici a parte, il pubblico a Sanremo conta, fortunatamente, di più. Se scegliesse unicamente il giornalismo anti-talento la musica italiana sarebbe più noiosa della programmazione del museo di Rivoli.
Quando c’è di mezzo il giudizio del pubblico le tecniche di indirizzo dei consumi di massa attuate da una certa informazione fallisco, di qui la loro rabbia astiosa e sprezzante.
Quindi – ultraseverità e accanimento del giornalismo anti-talento contro i tre del Volo in quanto dimostrano doti vocali certe, in quanto poco più che adolescenti, in quanto incarnano l’archetipo del puer-prodigio musicale, in quanto cultura pop-classica scelta dal pubblico, in quanto il mainstream può dimostrare originalità, in quanto esempio di come il masscult può farsi divulgatore di cultura alta senza ricalcare la via del midcult.
Ciò sfugge, ovviamente, a chi sia digiuno dei retroscena delle redazioni di quotidiani e settimanali. Una Alessandra Mammì semplicemente omette da anni di informare sull’arte contemporanea italiana che non rientra nel suo limitato orizzonte di interessi e nel suo “circuito”. Pura censura. Se Helga Marsala, Daria Bignardi, il dj Linus, Michele Monina (che li definisce vecchiminkia) ecc… non possono attuare la furia censoria di alcuni settori specialistici dell’informazione culturale è perché, obbedendo alla legge delle news, sono chiamati a dire la loro anche su Sanremo. Con i risultati di cui sopra. Ve lo vedete il dj Linus proporre artisti che non siano derivati dai modelli culturali anglofoni? Per capire il conformismo nel quale siamo immersi è necessario che si affacci sulla scena qualche elemento disturbante. Esattamente come nell’arte contemporanea.
L’autentico talento dà fastidio a molti.
Da notare che, con le stesse argomentazioni capziose, alcuni generi artistici vengono classificati da certi pseudocritici quali prodotti di “perizia tecnica”, quindi in certo senso “facili”. In uno schema siffatto sono proprio certi sviluppi mainstream del linguaggio visivo ad infastidire chi si vuole erigere a unico mediatore tra artisti e pubblico, tra artisti e potere.
Per decodificare un fenomeno musicale marcatamente mainstream ma eclettico e dal sapore postmodern bisognerebbe saperlo situare in una prospettiva critica di genere e sottogenere, di divulgazione culturale della vocalità operistica verso i giovanissimi, e quindi educativa, prospettiva assente nei critici alla Helga Marsala con i suoi parametri di pensiero unico da prodotti-opere-per-musei-arte-contemporanea.
The photo used in this article is mine. I travelled from Brazil 2 times only to see Il Volo in concert. If you are using my work to republish this disgusting article, maybe you can republish also our review of this amazing concert. Another point of view. Here is the link: http://www.ilvolo.mus.br/2016/07/il-volo-and-placido-domingo-an-incredible-tribute-to-the-three-tenors-in-a-truly-magic-night-il-volo-e-placido-domingo-un-incredibile-tributo-a-i-tre-tenori-in-una-notte-davvero-magica/#ita
Mr Monina is one more of the poor minded critics who live in a very limited context.
Best, Suzana (the photographer and editor of All About Il Volo)
Comprendo le sue difficoltà nel leggere in italiano, la nostra testata non ha scritto alcun articolo disgustevole su Il Volo. Ha solo riportato quanto ha scritto Il Fatto Quotidinao una testata giornalistica nazionale. Per cui se ha qual cosa contro chi ha scritto male del Il Volo lo deve esternare a chi ha osato toccare i suoi beniamini. Il link che lei ci invita a guardare è un blog del trio Il Volo, non una testata giornalistica accreditata come Il Fatto Quotidiano. La nostra testata è imparziale, non può parteggiare. La rassicuro, comunque, i ragazzi del Il Volo sono molto simpatici anche a noi
Michele Monina è uno di quei giornalisti che vorrebbero proporsi come rigorosi e selettivi stroncando i prodotti italiani che non sono imitazione delle culture anglofone. Quando lo vediamo recensire artisti che non copiano gli inglesi ma percorrono la via del mainstream in modo originale od eccentrico rispetto all’ovvietà delle classifiche usa/uk imitate ovunque nel pianeta, in automatico scattano insulti e stroncature. Non a caso ha lavorato a MTV, la schiacciasassi della cultura giovanile italiana. Monina è un chiaro esempio di come il conformismo indotto dall’omologazione culturale globale faccia seri danni, in questo caso stroncando un prodotto musicale che meritoriamente fa divulgazione della lirica tra i giovanissimi. La pericolosità di questi giornalisti che si danno arie da intellettuali schierandosi a sostegno dei poteri forti dell’omologazione culturale anglofona non va sottovalutata.
i politici si nascondono dietro le relazioni dei cosidetti periti per sapere in che condizioni sono le scuole italiane ma sanno benissimo che lavori eseguiti a terzo o quarto subappalto con offerte al massimo ribasso non possono essere eseguiti a regola con ottimi materiali per poter lavorare secondo le loro direttive e tenendo conto delle bustarelle bisogna per forzalavorare alla carlona o rinunciare a lavorare
se si vuole che i lavori siano ben fatti e duraturi eliminate tutte le cooperative che prendono lavori perche razzolano con la politica per poi passarli a altri al massimo ribasso fate lavorare le imprese che eseguono in proprio i lavori pagateli il giusto senza chiedere bustarelle e vedrete che certe cose non capiteranno piu
Albert 14/10/2016 h01:49