Gli immigrati saranno una risorsa per l’Europa di domani, a sostenerlo sono il MCL, FEDER.AGRI e l’EZA
Gli immigrati una risorsa per l’agricoltura dell’Europa di domani; non un “peso” per la comunità, bensì una fonte di “ricchezza”.
È questo in estrema sintesi il messaggio che parte dal seminario: “Immigrazione ed Agricoltura in Europa: un binomio chiave per costruire un futuro di diritti e sicurezza” tenutosi questo fine settimana a Marsala. Due giorni, una “full immersion” con delegazioni provenienti da 16 Paesi, autorità politiche ed ecclesiastiche, per confrontarsi su due concetti di estrema attualità: l’immigrazione e l’agricoltura. “Seppure le due tematiche appaiono differenti e scostate fra loro, sono molto più attigue e simili di quanto si pensi” ha sostenuto, in apertura dei lavori, Carlo Costalli, Presidente Generale MCL, il Movimento Cristiano Lavoratori. “In una Europa dove le nuove generazioni scappano dai campi i migranti potrebbero essere lo zoccolo duro del comparto, una risorsa per la comunità”. Nel 2013, nell’agricoltura italiana sono stati impiegati 140.611 operai extracomunitari, pari al 13,9% del totale forza lavorativa del settore. I dati statistici sono stati illustrati da Alfonso Luzzi, Presidente Nazionale di Feder.Agri. Il numero dei migranti impegnati in agricoltura è molto più sostanzioso, in quanto non si hanno numeri certi sull’incidenza del “sommerso”, degli stagionali e degli avventizi.
“È ragionevole pensare – ha detto Luzzi – che gli immigrati costituiscano quasi il 20% della manodopera agricola del nostro Paese. Statisticamente è stato rilevato dall’INPS che nel comparto agricolo siciliano hanno trovato occupazione stabile lo scorso anno 8.741 extracomunitari, pari all’8,7% del totale nazionale, con forte concentrazione nelle province di Ragusa, Trapani e Siracusa, dove peraltro si trovano le aree più produttive e intensive, con colture specializzate (ortaggi, vigneti, agrumeti e uliveti)”. Per lo più è forza lavorativa proveniente dal Maghreb, che si conferma la maggiore fonte di manodopera agricola straniera; anche se è in aumento la forza lavoro proveniente dall’Europa orientale. I dati del Ministero degli Interni, riferiti al 2011, indicano per la Sicilia un numero di cittadini extracomunitari soggiornanti pari a 88.065 (2,4% del totale nazionale), concentrati in particolare nelle province di Palermo (20.392), Messina (16.074), Catania (15.612) e Ragusa (11.639).
“La Sicilia è un modello di integrazione multietnica – ha evidenziato S.E. Mons. Domenico Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo – Gli immigrati storici di questa terra, i magrebini, da sempre fanno parte del tessuto sociale ed economico della Sicilia. Il loro impegno nelle pesca, in agricoltura è riconosciuto da tutti. La Sicilia terra delle eccellenze agroalimentari ha il dovere di mettere in moto un’economia parallela per le produzioni estensive, per sfamare chi sta peggio di noi. Sí ai prodotti di nicchia – ha concluso il Vescovo Mogavero – ma non lasciamo incolte le nostre terre per correre dietro a mode e a velleità passeggere. L’espansione demografica del Continente Nero non può essere ignorata; fra un quarto di secolo i problemi dell’immigrazione di oggi saranno ben poca cosa di fronte ad un esodo che nessuno potrà fermare”. Concetti duri, pesanti come macigni sulla testa dell’Europa. Degli insegnamenti del passato si ha l’obbligo di farne tesoro e del presente si abbia l’intelligenza di trarne il meglio per programmare un futuro migliore. E, il modello di immigrazione siciliana, potrebbe essere il naturale raccordo di tutto ciò. Concorda il Sottosegretario di Stato all’Agricoltura con Delega di Ministro alla Pesca, l’0n. Giuseppe Castiglione.
“Monsignore Mogavero ha espresso una riflessione politica lungimirante sul piano umanitario: le coltivazioni estensive vanno bene se si pensa di tornare a coltivare tutte quelle aree interne della Sicilia, da cui sono scappate via intere generazioni e restano ruderi abbandonati e colline brulle – ha detto il Sottosegretario Castiglione; senza dimenticare che l’economia agricola si regge sull’eccellenza agroalimentare siciliana, sull’alta qualità dei prodotti isolani, sulle loro caratteristiche organolettiche e salutari. Ebbene, colgo l’occasione, per lanciare da questo Seminario una iniziativa a difesa della salute del consumatore e, allo stesso tempo, salvaguardare l’economia dei produttori.
E’ assurdo che l’agricoltore europeo debba attenersi a disciplinari di produzione molto rigidi e a quote di produzione, quando dall’altra sponda del Mediterraneo giungono ogni giorni mercanzie di ogni genere, coltivate e/o trasformate senza alcuna normativa di riferimento. Questi prodotti alimentari, e sono tanti, – ha sottolineato Giuseppe Castiglione – minano la salute del consumatore e rendono antieconomica la coltivazione delle nostre terre, a causa della concorrenza sleale”. Il tutto è frutto di insane politiche economiche dell’Europa e del nostro Governo che, per incentivare l’agricoltura africana non si accorgeva dei danni arrecati alla economia, ma soprattutto al consumatore finale che, a sua insaputa, ha mangiato cibi trattati con prodotti altamente tossici, come il DDT.
Dal seminario: “Immigrazione ed Agricoltura in Europa: un binomio chiave per costruire un futuro di diritti e sicurezza” tenutosi questo fine settimana a Marsala, parte invece l’idea di una new economy per l’agricoltura; ovvero impiegare la manodopera extracomunitaria nel settore primario, per colmare i vuoti lasciati dagli europei. In pratica si intende estendere il modello siciliano, migliorandone i contorni, promuovendo una comunità multietnica e produttiva, dove gli immigrati possano rappresentare un valore aggiunto per la pesca, l’agricoltura, la zootecnia, le estrazioni nelle cave ed altri lavori che i siciliani non vogliono più fare. Statisticamente, dai dati diffusi da Feder.Agri nel corso del Seminario in Sicilia la città più abitata da immigrati è Ragusa con 6.106 unità che, a livello nazionale, occupa il secondo posto subito dopo Verona. “L’Europa non può limitarsi ad accogliere gli immigrati per poi lasciarli al proprio destino” ha sostenuto Piergiorgio Sciacqua, Copresidente di Eza, il Centro Europeo per questioni dei lavoratori. È una grave “perdita” economica, sociale, ma soprattutto per l’umanità. L’Europa ha il dovere, nel momento in cui li accetta sul proprio suolo, di provvedere alla loro istruzione di base (lingua, norme compartimentali, obblighi e dovere del cittadino europeo, ecc.) e nel contempo alla loro formazione professionale (corsi per l’avvio al lavoro e/o alla costituzione diorganismi consociativi per organizzare e promuovere il lavoro autonomo)”.
L’EZA, assieme a Feder.Agri e MCL, opera già da qualche tempo su questo fronte, ovvero quello di “trasformare” lo spaurito immigrato in soggetto attivo della comunità, provvedendo all’istruzione, alla formazione e al suo inserimento nei cicli produttivi. Opera a tal riguardo una rete composta da 69 organizzazioni di lavoratori, presenti in 26 diversi Paesi per abbattere le “frontiere immaginarie” rette ancora su vecchi stereotipi: il colore della pelle, le religioni, l’etnia, le radici antropologiche, la cultura, le tradizioni popolari, gli usi e i costumi. L’Africa ha bisogno dell’Europa nella stessa misura in cui il Nord ha bisogno del Sud. Siamo di fronte ad uno stravolgimento della società; un “cataclisma” ha colpito il Bacino del Mediterraneo, il Sud dell’Europa ed il Nord dell’Africa vivono il fermento del cambiamento che è in atto.
Un flusso migratorio di dimensioni eccezionali si sposta da sud verso nord per sfuggire alla fame, alle malattie, alle guerre. Si rischia la vita a bordo di carrette del mare e, giunti sulla sponda opposta, ci si accorge che il calvario è solo all’inizio. Passata la frontiera, la burocrazia erige una barriera tra mondi socio-economici, culturali, linguistici, politici e giuridici diversi. Dal seminario: “Immigrazione ed Agricoltura in Europa: un binomio chiave per costruire un futuro di diritti e sicurezza” tenutosi questo fine settimana a Marsala sono state discusse diverse problematiche per rendere ancora più efficiente il “modello mediterraneo d’immigrazione” attraverso l’impiego degli immigrati in agricoltura, nella pesca, nella zootecnia ed altri lavori da cui sfuggono gli europei.
A Marsala Carlo Costalli ha annunciato, altresì, l’apertura di una nuova sede dei servizi MCL a Tunisi. La sede tunisina, che si aggiunge a quella già operante da tre anni a Rabat in Marocco, servirà a venire incontro ai bisogni dei migranti, sostenendoli nelle varie incombenze burocratiche e previdenziali. Visitando poi una casa d’accoglienza a Mazara del Vallo, Costalli ha annunciato la presentazione, martedì prossimo a Napoli, alla presenza dell’Arcivescovo Card. Crescenzio Sepe, di un’iniziativa di accoglienza nella città partenopea.
Al termine dei tre giorni trascorsi a Marsala i convegnisti sono rimasti particolarmente colpiti dalla sana ospitalità offerta dalla segreteria regionale di Feder.Agri. I rappresentanti sindacali siciliani dell’organizzazione di categoria: Cipriano Sciacca, Vincenzo Ronci e Michele De Maria, da buoni “padroni di casa”, hanno alternato i lavori in sala con visite guidate a Mozia, nel centro storico di Marsala, presso le storiche cantine della Città, nonchè momenti enogastronomici allietati da esibizioni folkloristiche, interpretando al meglio quanto auspicato dal Segretario Regionale MCL, Giorgio D’Antoni, in apertura dei lavori: “lasciare della Sicilia un’immagine nell’anima”.