Giulia Adamo condannata. Marsala potrebbe “perdere” il suo sindaco?

Cosa accadrà a Marsala, questo è un interrogativo a cui potrà rispondere solo il sindaco. "Rumors" di Palazzo che orbitano negli ambienti dell'Adamo dicono che il sindaco essendo innocente non si dimetterà dall'incarico, farà ricorso in Cassazione, per i prossimi 18 mesi Marsala sarà amministrata da un vicesindaco "delfino".

giulia-adamo-sindaco-marsala-deputatoGiulia Adamo condannata. Marsala potrebbe “perdere” il suo sindaco?

E’ questo l’interrogativo che continua a porsi chi mastica politica dopo la condanna di Giulia Adamo a due anni e dieci mesi, con l’ipotesi di tentata concussione. La clamorosa sentenza arriva da lontano e precisamente dalla prima sezione della Corte d’Appello di Palermo. La vicenda giudiziaria si rifà ad un episodio avvenuto nel 2005, quando l’on. Giulia Adamo, ricopriva l’incarico di Presidente della Provincia Regionale di Trapani.

A quesi tempi venne indagata, originariamente, per un presunto abuso d’ufficio. Per tali fatti l’Adamo venne processata e assolta in tribunale e in primo giudizio in Appello. In secondo grado era stata però riformulata l’imputazione, che la procura generale aveva modificato in concussione, ma la Corte d’appello di Palermo aveva comunque confermato l’assoluzione. Ora, a distanza di ben 9 anni, giunge la condanna da parte della prima sezione della Corte d’appello di Palermo presieduto da Gianfranco Garofalo. I fatti contestatele sarebbero alquanto gravi, pare l’Adamo avrebbe  indotto il dirigente del settore Affari sociali della Provincia, a non versare i dovuti finanziamenti al Convitto per audiofonolesi di Marsala, con l’obiettivo di mettere in difficoltà il rettore dell’ente, Anna Maria Adamo. Quando quest’ultima si dimise per l’impossibilità a poter amministrare il convitto e il rettorato passo a Milena Vinci, il finanziamento venne sbloccato.

Ad onor di cronaca si da spazio ad una nota dei Legali dell’On. Giulia Adamo, diramata dall’Ufficio Stampa del Comune di Marsala; dalla quale si legge testualmente: “L’odierna sentenza della prima sezione penale della Corte di Appello di Palermo giunge a seguito di un lungo processo che ha già visto  l’On. Adamo assolta, per il medesimo fatto, dal Tribunale di Trapani e  dalla seconda sezione penale della medesima Corte di Appello. Restiamo  in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza oggi pronunciata,  sicuri che a seguito del ricorso avverso la stessa, la Corte Suprema  di Cassazione ricondurrà la vicenda al giudizio di innocenza che già  per due volte i Giudici di merito hanno formulato. E’ davvero singolare che venga considerata contra legem la condotta  con cui un’Amministrazione Pubblica ha scoperto e posto fine ad un  vero e proprio latrocinio consumato per anni ai danni della cosa  pubblica e che si tentava di continuare a perpetrare. A seguito di  tale iniziativa è risultato, infatti, che il Convitto nei confronti  del quale si era temporaneamente sospeso il pagamento delle rette,  aveva indebitamente percepito dalla Provincia, per uno solo degli anni  trascorsi, oltre 78.000 euro, che infatti sono stati dallo stesso  successivamente a quest’ultima restituiti”.

 Fragoroso, come un tuono a cielo sereno, così la notizia è rimbombata fra gli spalti di Palazzo VII Aprile, suscitando sentimenti diversi nei consiglieri, asseconda della collocazione politica  degli stessi. Gli oppositori “estremisti” erano visibilmente contenti; indifferenti, invece, i moderati; perplessi e stupiti i componenti della maggioranza o quanto meno chi si riconosce ancora in questa amministrazione. La Prima Sezione della Corte d’appello di Palermo, presieduto da Gianfranco Garofalo, oltre alla condanna a due anni e 10 mesi di reclusione ha deciso altresì l’interdizione dai pubblici uffici. Non è un fatto eccezionale, lo prevede del resto la  legge Severino che negli ultimi tempi ha trovata ampia applicazione in casi analoghi in cui sono coinvolti pubblici amministratori in carica. Il decreto legislativo 35 del 2012, prevede che nel frattempo che il pubblico amministratore coinvolto ottenga giustizia, appellandosi alla sentenza, questi venga sospeso da ogni incarico per 18 mesi a garanzia dell’imparzialità della pubblica amministrazione. Dopodiché il pubblico amministratore ritorna in carica, in caso di assoluzione, oppure decade nell’ipotesi della conferma della condanna.

Cosa accadrà a Marsala, questo è un interrogativo a cui potrà rispondere solo il sindaco. “Rumors” di Palazzo che orbitano negli ambienti dell’Adamo dicono che il sindaco essendo innocente non si dimetterà dall’incarico, farà ricorso in appello e, per i prossimi 18 mesi Marsala sarà amministrata da un vicesindaco “delfino”. Se così fosse c’è da chiedersi su chi ricadrà la scelta. Negli ambienti politici vicini all’Amministrazione si fanno, di già, i nomi più disparati. Invece, chi conosce bene il sindaco sa che stanno facendo i conti senza l’oste e che al rientro in città stupirà tutti con una soluzione a cui nessuno aveva pensato. Staremo a vedere.

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