Giro di boa nell’inchiesta giudiziaria sulle spese pazze dei gruppi parlamentari all’ARS

Nel marasma delle spese dei gruppi parlamentari i pubblici ministeri hanno deciso di contestare solo quelle non rendicontate e quelle considerate “palesemente” lontane dai fini istituzionali e politic

ars-sede-istituzionale-palermo-palazzo-dei-normanni-sede-della-regioneBorse pregiate, gioielli, auto. E persino multe, fumetti e pandori. Anche per queste cose servivano i soldi pubblici messi a disposizione dei gruppi dell’Assemblea regionale nella scorsa legislatura. Almeno stando alle accuse della Procura di Palermo che ha chiuso le indagini sulle “spese pazze” del parlamento siciliano. E davvero di spese pazze si deve parlare, se le risultanze dei pubblici ministeri verranno confermate.

 Alla fine è arrivata una pesante scrematura. Nel marasma delle spese dei gruppi parlamentari i pubblici ministeri hanno deciso di contestare solo quelle non rendicontate e quelle considerate “palesemente” lontane dai fini istituzionali e politici. Dietro la scelta c’è già una strategia processuale, qualora la successiva richiesta di rinvio a giudizio dovesse essere accettata da un giudice per l’udienza preliminare.

Prediamo, ad esempio, i pranzi e le cene consumate dagli ex parlamentari siciliani fra il 2008 e il 2012. Faccenda complicata dimostrare processualmente che una riunione a tavola non avesse finalità politiche. Per evitare di ritrovarsi nella lista testi della difesa centinaia e centinaia di commensali si è pensato, alla fine, di “chiudere un occhio”. Un eventuale processo sarebbe durato un’eternità anche se non ci sono rischi di prescrizione all’orizzonte.

Il reato di peculato prevede una pena massima di dieci anni, tanto quanto il limite di prescrizione che può essere aumentato fino a 12 anni e mezzo. Le ipotesi di reato contestate dall’aggiunto Agueci e dai sostituti Agnello, Battinieri, Demontis riguardano episodi iniziati nel 2008. C’è tempo, dunque, per la celebrazione di un eventuale processo senza il peso della spada di Damocle della prescrizione. Discorso a parte per il capitolo “dipendenti”. Milioni di euro in questi anni sono stati spesi per mantenere il personale, precario o stabilizzato, dei gruppi parlamentari. Un comportamento non immune dalla censura dei pubblici ministeri. Solo che tutti i capigruppo coinvolti nell’indagine hanno ricevuto in eredità da chi li ha preceduti la situazione di tantissimi dipendenti. Insomma, era complicato pretendere che mettessero i lavoratori alla porta.

Il lavoro dei pubblici ministeri non è comunque concluso. Intanto i 14 politici ai quali è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria potranno chiedere di essere sentiti – sono stati interrogati già una volta – oppure presentare le memorie difensive per giustificare le spese contestate. Nel frattempo sarà valutata la posizione degli altri 84 indagati, fra parlamentari ancora in carica e non. Per molti si profila una richiesta di archiviazione. Per altrettanti, no.

Così, ecco quali spese, secondo i pm, non avrebbero nulla a che fare con l’attività parlamentare, unico motivo per il quale quelle somme vengono stanziate ogni anno. L’ex capogruppo di Fli e poi dell’Udc Giulia Adamo, ad esempio, ha pagato liquori e vini con un assegno da 1.600 euro. Ma l’onorevole marsalese ama anche le griffe. Per questo avrebbe disposto il pagamento o il rimborso di 440 euro per una borsa Louis Vuitton, cravatte e carrè di seta “Hermes” per 1.320 euro, una borsa Bagagli da 145 euro. E se per i pm non sono “meglio giustificate” spese per oltre 48 mila euro dell’ex capogruppo del Pid Marianna Caronia, molto più “circostanziate” sono le accuse rivolte ad Antonello Cracolici. L’ex capogruppo del Pd avrebbe infatti utilizzato 31 mila euro per pagare o rimborsare “regalie varie” e “strenne natalizie a personale del ristorante e del bar dell’Ars”. E non solo. Cracolici, in qualità di capogruppo avrebbe pagato o rimborsato 5.990 euro per il regalo di nozze per il figlio dell’ex deputato Nino Di Guardo; per un “centro tavola e vassoio d’argento” per il matrimonio di un altro ex parlamentare Pd, Enzo Marinello, oltre ad altri regali di nozze per i dipendenti dei gruppi.

Spese “facili”, in qualche modo. Visto che solo recentemente, con l’applicazione in Sicilia del decreto Monti sui tagli ai costi della politica, i rendiconti dei gruppi devono essere trasmessi alla Corte dei conti dal presidente dell’Ars. Un controllo, quello operato dai giudici, che non si limita alla semplice “regolarità contabile”, ma anche all’inerenza della spesa all’attività del gruppo parlamentare, in quanto l’impiego delle risorse pubbliche presuppone sempre la finalizzazione ad un interesse pubblico”. E proprio oggi, di fronte alla sezione di controllo della Corte, si sono presentati anche gli attuali capigruppo per rispondere di nuove irregolarità sollevate dai magistrati contabili. Niente a che vedere con l’indagine della Procura, però, che riguarda come abbiamo detto, la scorsa legislatura.

Quando tra i capigruppo (di Forza del Sud) figurava anche Cateno De Luca. Con i soldi del gruppo parlamentare (6.698 euro per l’esattezza), il politico di Fiumedinisi avrebbe continuato a pagare le rate leasing dell’Audi A6 nonostante De Luca fosse uscito da Forza del Sud. Inoltre lo stesso De Luca avrebbe utilizzato i soldi del gruppo (1.810 euro) per comprare 133 agende Nazareno Gabrielli consegnate alla sua segreterie politica di Messina. Con 39 mila euro del gruppo invece Cataldo Fiorenza avrebbe fatto acquisti in negozi di abbigliamento, gioiellerie, supermercati, farmacie, negozi di giocattoli, arredamento, elettronica, centri estetici, ristoranti, pasticcerie, pizzerie, enoteche. Lino Leanza, ex capogruppo Mpa, invece avrebbe comprato regali e biglietti da visita per 13.870 euro. E avrebbe pagato con i soldi del gruppo la manutenzione della macchina di sua proprietà (845 euro) e una rata leasing (1.346 euro).

Spese “di buon gusto” quelle dell’ex capogruppo di Forza Italia Innocenzo Leontini. Peccato che anche in questo caso, stando alle accuse dei pm, i soldi fossero quelli destinati al gruppo parlamentare. Secondo la procura, Leontini si sarebbe appropriato di 7.100 euro del gruppo per un acquisto in una gioielleria di Modica, 210 euro per due piatti di cristallo, 486 euro per un servizio di sei tazze, 236 euro per tre piatti da portata in acciaio (tutti comprati in negozi di Palermo), 15 euro per un cesto floreale , 237 euro spesi al supermercato Gs di via Oreto per comprare panettoni, pandori bottiglie di spumante Gancia. E un capitolo a parte merita quello riguardante le “automobili”. Leontini infatti avrebbe speso 830 euro per riparare una “non meglio identificata autovettura”, 51 per pagare una multa per una sua infrazione al codice della strada. E sempre a proposito di auto, l’ex capogruppo del Pid, Rudy Maira, si sarebbe fatto rimborsare le spese (48 mila euro e 29 mila) per il leasing della sua auto personale: una Audi A6 V6 3.0 Fap quattro Tiptronic. Un po’ come Francesco Musotto, che avrebbe utilizzato 22 mila euro per le spese della Audio A6 a disposizione del senatore e allora commissario regionale del Mpa, Vincenzo Oliva. Ad Oliva sarebbero state rimborsate ulteriori spese per 17 mila e 500 euro.

L’ex capogruppo di Fli Livio Marrocco, invece, avrebbe speso mille euro per un soggiorno in albergo, 1.782 euro alla voce regalie, 1651 euro giustificati come “pranzi di Pasqua, acquisto di pasta fresca, abbigliamento, articoli da profumeria, ottica, lavanderia, erogazioni liberali, revisione motociclo personale”. Ma i soldi del gruppo, secondo i pm, servivano anche per spese che certamente non avrebbero gettato in rovina il parlamentare, già destinatario di indennità in quegli anni superiori ai 15 mila euro lordi. E invece, ecco che i soldi pubblici sarebbero stati usati dallo stesso Marrocco per panettoni e spumanti (40 euro), acquisti in un bar di Palermo (16 euro addirittura anticipati da un dipendente del gruppo) e 179 euro per … l’acquisto di fumetti Diabolik.

A Francesco Musotto, oltre al leasing dell’auto del commissario Mpa sono stati contestate anche spese per 24.100 euro, soldi prelevati in undici assegni. E persino 160 mila euro movimentati in contanti o in assegni, alcuni dei quali utilizzati per pagare persone “non appartenenti al gruppo”. Al neoparlamentare europeo Salvo Pogliese, invece, ecco contestate spese molto eterogenee. Tra queste, persino 1.200 euro per la “sostituzione di varie serrature e varie maniglie per porte, con saldature varie ed aggiunzioni pezzi di canaletto per tenuta vetri, pulitura con flex nelle parti ossidate con passaggio di pittura antiruggine” nello studio catanese del padre, la permanenza in albergo anche dei familiari e 280 euro per la retta scolastica del figlio. I fondi pubblici, insomma, secondo i pm, erano, tutto sommato, anche una questione di famiglia.

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