Emergenza coronavirus, cosa cambia nei contratti sotto l’aspetto legale

CONSEGUENZE SULLE OBBLIGAZIONI E SUI CONTRATTI DEI PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI IN MATERIA DI CORONAVIRUS. 

Il notevole numero di provvedimenti legislativi emessi per contenere i rischi derivanti dall’epidemia del covid-19 hanno inciso, nel superiore interesse alla tutela della salute pubblica previsto dalla nostra Costituzione, su altri diritti fondamentali quali il diritto alla libera circolazione dei cittadini nel territorio, il diritto al lavoro, il diritto alla libertà d’iniziativa economica privata e, quindi, sui rapporti giuridici da essi derivanti.

L’emanazione di tali norme si è susseguita in maniera concitata per cui ne è derivata una certa confusione riguardo alla quale abbiamo rivolto qualche domanda all’avv. Camilla Alabiso, dello Studio Legale Alabiso.

Quali sono, nell’ambito dei contratti, le conseguenze derivate dalla legislazione emergenziale? 

“A seguito dello stato di emergenza dichiarato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio u.s. -afferma l’avv. Alabiso-  il medesimo ha deliberato che il rispetto delle misure di contenimento stabilite dal decreto legge n.18/2020 è sempre valutato per escludere la responsabilità del debitore in caso di ritardo o di inadempimento e, quindi, per evitare l’applicazione di conseguenziali, decadenze, penali o risarcimenti danni. Quindi, è ragionevole dedurre che, allorché il decreto legge verrà convertito in legge, il rispetto delle norme in esso contenute costituirà una presunzione che giustificherà il ritardo o l’inadempimento del debitore ed eviterà le conseguenze giuridiche di essi ma avverso tale presunzione sarà ammessa prova contraria e, comunque, essa sarà valutata dal Giudice.

Peraltro -aggiunge l’avv. Alabiso-  vi sono stati tre decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8, dell’11 e del 22 marzo, che hanno sospeso l’attività di esercizi commerciali, di industrie e di aziende dal 12 marzo al 3 aprile, salvo proroghe già preannunciate.

Tali sospensioni possono determinare un’impossibilità sopravvenuta o un’eccessiva onerosità delle prestazioni dovute dai suddetti operatori economici.

Nel caso in cui l’impossibilità sopravvenuta sia totale e definitiva, i commercianti, le aziende e le industrie, sono liberate di diritto, ossia senza bisogno di un accertamento giudiziale, dai loro obblighi e, ovviamente, non potranno chiedere le controprestazioni ma, anzi, dovranno restituire quanto nel frattempo ricevuto

In tale ipotesi rientrano i contratti di trasporto e quelli turistici per i quali si possono ottenere il rimborso del prezzo dei biglietti o un voucher di pari importo.

Se, invece, l’impossibilità sia parziale i loro clienti avranno diritto a ridurre proporzionalmente le loro prestazioni o a recedere dal contratto, se non hanno interesse a ricevere la prestazione parziale.

Nell’ipotesi in cui le sospensioni delle attività rendano non impossibili ma eccessivamente onerose le prestazioni dei suddetti operatori economici, come nel caso di contratti di locazione, essi possono chiedere all’Autorità Giudiziaria la risoluzione del contratto che l’altra parte può evitare offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”. 

Allora cosa si sente di consigliare in via generale, avv. Alabiso?

“Fermo restando che si deve valutare caso per caso, ritengo, in generale, che sia conveniente raggiungere un accordo e che, comunque, ognuno debba tenere presente che in un eventuale giudizio il giudice valuterà sempre la sua buona fede e applicherà il principio di equità integrativa secondo il quale le parti sono obbligate non solo a quanto espresso nel contratto, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità ”.

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