Economia, gli investitori stranieri stanno alla larga dalla Sicilia
La Sicilia attrae poco gli investitori esteri che preferiscono investire in altre regioni, Emilia Romagna in testa. Sono i risultati di una ricerca condotta da Nomisma, su dati Reprint del Politecnico di Milano. In Sicilia, gli investimeti diretti esteri in entrata sono diminuiti, rispetto al 2007 del 5 per cento, mentre in uscita la Sicilia ha fatto meglio.
In quest’ultimo caso, nello stesso periodo di tempo considerato, l’aumento è stato del 42 per cento e le imprese in questione sono 190. Occorre specificare che si considerano investimenti diretti esteri le acquisizioni o fusioni e gli impianti dei nuovi stabilimenti in un paese straniero.
Non sono considerate IDE: partecipazioni che non determinano il controllo (<10% del capitale) e le imprese fondate da stranieri. Secondo la ricerca Nomisna, nel panorama europeo, l’Italia si contraddistingue per un basso livello di attrattività degli investimenti diretti esteri: in valore assoluto, meno di 400 miliardi di dollari contro gli oltre 700 di Francia, Spagna e Germania o i 1.700 miliardi che invece hanno interessato il Regno Unito nel 2014. Anche rispetto al PIL, gli IDE in entrata pesano per poco più del 17%, contro una media Ue vicina al 33%.
L’Italia infatti ha perso l’11% in termini di attrattività internazionale sul proprio territorio mentre gli investimenti all’estero sono aumentati del 29%. Vanno male anche le altre regioni, con la Calabria in testa che perde il 14% di investimenti diretti esteri in entrata. Unica eccezione: l’Emilia Romagna. In questo contesto, L’Emilia Romagna figura tra le prime 10 regioni del Sud Europa in termini di attrattività economica, grazie soprattutto ad alcuni fattori che sono emersi chiaramente dall’indagine di Nomisma: “La qualità della vita, il know how tecnologico ed anche la disponibilità di forza lavoro qualificata figurano tra i fattori di attrazione presenti in regione ritenuti più importanti dalle imprese .“Nello stesso tempo, burocrazia e pressione fiscale vengono ritenuti come i principali ostacoli agli IDE in regione. In termini più generali, le imprese ritengono che le sinergie tra il mondo produttivo e quello della formazione, la capacità di attrarre capitale umano e professionale nonché, l’innovazione e i rapporti con la pubblica amministrazione rappresentino le condizioni strategiche per favorire gli investimenti stranieri nel nostro territorio”.
Secondo Eugenio Sidoli, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia, “Quella emiliano-romagnola rappresenta una delle più competitive realtà territoriali del nostro Paese, grazie a un sistema virtuoso di relazioni che coinvolge imprese, associazioni imprenditoriali e parti sociali, istituti di formazione, amministrazioni pubbliche e società civile. Il successo di questa terra nasce da fattori come la passione, l’etica del lavoro, la collaborazione e la capacità di innovare. Nel nostro caso – aggiunge Sidoli – oltre all’ecosistema ha giocato un ruolo fondamentale la presenza di Phillip Morris Manufacturing & Technology Bologna, ex Intertaba, un’eccellenza manifatturiera del nostro gruppo che ha favorito l’accesso di un investimento industriale di grande portata e la localizzazione a Bologna del primo impianto al mondo per la produzione di prodotti innovativi del tabacco, destinati a sostituire il consumo delle sigarette con alternative tecnologiche senza combustione.”
fonte: http://www.qds.it/