E’ morta Rita Borsellino: una vita contro la mafia e per l’impegno civile
Si è spenta all’ospedale Civico la sorella del giudice Paolo. Aveva partecipato a luglio alle commemorazioni di via D’Amelio
Si è spenta in ospedale a Palermo dopo una lunga malattia Rita Borsellino, sorella del magistrato Paolo. Borsellino, 73 anni, tre figli, farmacista, è stata europarlamentare del Partito democratico dal 2009 al 2014. Cordoglio dal mondo politico, a cominciare dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
“La memoria è vita che si coltiva ogni giorno”. Quella frase che era qualcosa di più di un messaggio di impegno e speranza, che si era trasfigurato in “bene comune”, Rita Borsellino l’aveva pronunciata anche nella sua ultima uscita pubblica, il 18 luglio, ormai costretta su una sedia a rotelle ma presente, ancora una volta, alla vigilia dell’anniversario dell’uccisione di Paolo e della sua scorta. Stanca ma con addosso il patrimonio immateriale costituito dal suo sguardo limpido, Rita aveva dato quel giorno l’ultima lezione di forza e compostezza, accanto alle nipoti Fiammetta e Lucia, davanti all’ulivo del ricordo che in via D’Amelio aveva fatto piantare la mamma.
Quella forza, quella compostezza, hanno accompagnato il formidabile percorso della farmacista “costretta” dal sangue familiare alla ribalta, che non amava essere definita simbolo ma simbolo è stata due volte: della stagione della rivolta dopo le stragi e dell’epoca dell’ultima resistenza politica in Sicilia, quella del centrosinistra contro il cuffarismo.
Un percorso cominciato la sera stessa della strage: “Andai a trovare mia madre a casa del suo cardiologo – ricordava Rita – e lei mi disse: “Vai dalle mamme degli agenti che sono morti con Paolo e cerca di capire di cosa hanno bisogno”. Io sono sempre stata timidissima, ma da quel momento ho cominciato a partecipare ai dibattiti, ad andare nelle scuole, per non disperdere un messaggio”. Il messaggio, appunto, contenuto in parole semplici: memoria, coerenza. “E quando, a fine 1994, mi chiamò don Ciotti per aderire a Libera – rammentò un giorno – cambiò la mia vita. Io, che non avevo viaggiato mai da sola, cominciai un lungo giro d’Europa per parlare di legalità”.
L’idea della politica, a quel tempo, era ancora lontana. Tanto meno di una politica di sinistra, lontana dalle idee politiche del fratello. “Ma l’impegno, la legalità, non hanno colore”, amava ripetere. Pochi sanno che, prima ancora del debutto elettorale del 2006, Rita Borsellino era già stata chiamata una volta dai leader di partito: nel 2001. Prima che a Francesco Crescimanno, il centrosinistra pensò a lei: “Non mi ricordo chi fu a contattarmi, ma ricordo che allora non presi neppure in considerazione l’idea di uno sbarco in politica. Per carità – scherzò in un’intervista del 2011 – non usi il termine “discesa in campo…”. D’altronde, l’uomo che aveva coniato quell’espressione, Silvio Berlusconi, Rita Borsellino l’aveva letteralmente messo alla porta. Era il 10 ottobre 1994: “Venne Silvio Berlusconi a bussare al citofono di casa, in via D’Amelio. Ma io, dopo un attimo di esitazione, dissi al presidente del Consiglio che non potevo farlo salire. Lui insistette e mi chiese al citofono: “Cosa possiamo fare per battere la mafia?”. Risposi: “Tutto, perché siete al governo”. Da allora non l’ho più sentito”. Ma la sorella di Paolo faceva risalire le ragioni del suo stare rinchiusa dentro il recinto del centrosinistra a quell’episodio.
La seconda “chiamata” fu decisiva: nell’ottobre del 2006, di ritorno da Ginevra nel furgone della carovana antimafia, Rita comunicò ad Alfio Foti (il suo più stretto collaboratore) l’idea di una candidatura per le Regionali. Una candidatura portata
L’idea della politica, a quel tempo, era ancora lontana. Tanto meno di una politica di sinistra, lontana dalle idee politiche del fratello. “Ma l’impegno, la legalità, non hanno colore”, amava ripetere. Pochi sanno che, prima ancora del debutto elettorale del 2006, Rita Borsellino era già stata chiamata una volta dai leader di partito: nel 2001. Prima che a Francesco Crescimanno, il centrosinistra pensò a lei: “Non mi ricordo chi fu a contattarmi, ma ricordo che allora non presi neppure in considerazione l’idea di uno sbarco in politica. Per carità – scherzò in un’intervista del 2011 – non usi il termine “discesa in campo…”. D’altronde, l’uomo che aveva coniato quell’espressione, Silvio Berlusconi, Rita Borsellino l’aveva letteralmente messo alla porta. Era il 10 ottobre 1994: “Venne Silvio Berlusconi a bussare al citofono di casa, in via D’Amelio. Ma io, dopo un attimo di esitazione, dissi al presidente del Consiglio che non potevo farlo salire. Lui insistette e mi chiese al citofono: “Cosa possiamo fare per battere la mafia?”. Risposi: “Tutto, perché siete al governo”. Da allora non l’ho più sentito”. Ma la sorella di Paolo faceva risalire le ragioni del suo stare rinchiusa dentro il recinto del centrosinistra a quell’episodio.
La seconda “chiamata” fu decisiva: nell’ottobre del 2006, di ritorno da Ginevra nel furgone della carovana antimafia, Rita comunicò ad Alfio Foti (il suo più stretto collaboratore) l’idea di una candidatura per le Regionali. Una candidatura portata avanti dai “cespugli” del centrosinistra, su cui i Ds inizialmente esitarono. Poi, dopo aver chiesto la disponibilità a correre per Palazzo d’Orleans persino a Sergio Mattarella, la Quercia decise di appoggiare Rita.
avanti dai “cespugli” del centrosinistra, su cui i Ds inizialmente esitarono. Poi, dopo aver chiesto la disponibilità a correre per Palazzo d’Orleans persino a Sergio Mattarella, la Quercia decise di appoggiare Rita.
Fonte: www.repubblica.it