Al racconto di Sfraga, al momento, non c’è riscontro, ma gli investigatori sembrano prendere seriamente in considerazione l’uomo che dice di aver visto, appena due anni fa, Messina Denaro nel territorio di Marsala. Ma chi è questo marsalese di 51 anni che sarebbe stato incaricato dai boss provinciali di recapitare a chi di dovere gli ordini del boss latitante?
Dalle indagini Sfraga emerge come il capo decina della zona di Petrosino-Strasatti, braccio destro di quello che è ritenuto il boss di Marsala Vito Vincenzo Rallo. È proprio quest’ultimo ad avergli dato il ruolo di responsabilità, grazie al quale Sfraga avrebbe gestito, per conto della famiglia, le richieste di pizzo e le infiltrazioni negli appalti pubblici. La nomina di Sfraga però è uno dei motivi del malcontento di una parte del gruppo criminale marsalese, capeggiata dal 57enne Vincenzo D’Aguanno. «Io – dice quest’ultimo a un suo sodale, riferendosi a Rallo – sono uscito di galera, per delicatezza ti sono venuto a salutare… dopo di che tu mi hai detto che avete fatto riunione e che avete fatto caporale a questo di lì».
E l’interlocutore, Michele Lombardo (pure lui arrestato nell’operazione Visir) replica, rincarando la dose e sottolineando, si legge nell’ordinanza, «che il prescelto (ossia Sfraga) non aveva intrattenuto in passato significativi rapporti con i precedenti capi famiglia marsalesi». «Io – dice Lombardo intercettato – non gliel’ho visto mai a questo venire e dirgli mezza parola a tuo fratello o a quello o a un altro! È giusto? Quindi ora tu perché te lo stai tirando a bordo? Forse perché non hai più a nessuno e ti stai tirando pure i cani a bordo con te?».
La nomina di Sfraga – e la spartizione delle risorse finanziarie – crea malumore all’interno della famiglia di Marsala. Al punto che, stando alle intercettazioni, è lo stesso Messina Denaro a doversi scomodare per mettere la pace, minacciando la guerra. Dopo molto tempo, è il primo segnale colto dagli investigatori della possibile presenza a Trapani del boss. Ma tutto rimane appeso unicamente alle parole di Sfraga. Così, poco prima del Natale del 2014, tra le campagne del Trapanese, si sarebbe tenuta una riunione, «di ambito quantomeno mandamentale» sottolineano gli investigatori, tra i boss di Cosa Nostra, alla quale partecipa anche Sfraga. Ed è proprio a lui che sarebbe stato dato il compito di portare le direttive di Messina Denaro, al fine di congelare i dissidi in atto.
Qualche giorno dopo, il 5 gennaio del 2015, Sfraga raggiunge D’Aguanno nel suo capannone di Sfrasatti. Ed è qui che i carabinieri captano le informazioni più importanti rispetto ai movimenti della primula rossa. «Enzo mio, lì c’è un esercito! – spiega Sfraga a D’Aguanno, riferendosi al covo di Messina Denaro – cosa c’è di dietro tu neanche ne hai l’idea! Non ci si può andare. A tutti questi appena dice “facciamo un fosso e riempiamolo”, a due secondi lo riempie! No un giorno? Due secondi! Perché c’è un esercito intero e questo è pronto per scoppiare».
Tutte le informazioni – l’incontro con Messina Denaro e la presenza del latitante a Marsala nel 2015 con tanto di esercito a disposizione, la riunione mandamentale in cui avrebbe ricevuto il compito di recapitare l’informazione a D’Aguanno (peraltro suo rivale nella faida dentro la famiglia marsalese) – vengono dalle confessioni di Nicolò Sfraga, il capo decina di Petrosino. La ricerca del capo di Cosa Nostra è già ripartita da qui.