Coronavirus, un altro mese “dentro”, ma il gioco vale davvero la candela?
Prorogate di un altro mese, da Giuseppe Conte, le misure restrittive dell’emergenza coronavirus. Amarezza, delusione ed incredulità si registrano ovunque, da nord a sud
Grande delusione ieri sera per l’atteso messaggio agli italiani del Presidente Giuseppe Conte. Mentre gran parte degli italiani si aspettava una apertura del Governo verso il ritorno alla “normalità, il Premier ha mantenuto le misure restrittive e, con qualche piccolo ritocco, le ha spalmate per un altro mese. Nella sostanza con il nuovo decreto cambia poco; pochissimo, rispetto a prima. Si dovrà continuare a restare a casa e non sono permesse forme di socializzazione e/o di assembramento
Tutto, o quasi, continuerà a restare chiuso ad eccezione delle industrie manifatturiere, dell’edilizia e degli ingrossi legati a questi settori. Alla gastronoma sarà permesso di aprire e di vendere ad un cliente per volta, il quale dopo aver fatto la coda per strada può solo ritirare la merce per poi consumarla in casa o ufficio (non per strada). Bar, ristoranti, alberghi, locali pubblici, negozi, è piccole attività artigianali continueranno invece a restare chiusi. Nel nome della lotta al coronavirus si sacrifica ancora una volta l’economia del Paese e la libertà degli italiani, ma con quali prospettive? O ancora peggio in base a quale dettato della Costituzione, visto che in nessun articolo è prevista la figura istituzionale che Conte si cucito addosso.
La tutela del diritto alla salute, “fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività (art. 32 Cost.)”, non si ritrova in una posizione di preminenza, non ha un valore assoluto ed incondizionato nel momento in cui deve essere comparato con altri diritti, in particolare con le “libertà personali (artt. 13-21 Cost) ed economiche (Artt. 41-42 Cost.)”. Non è scritto da nessuna parte, tanto meno nella Costituzione, che queste ultime debbano necessariamente cedere il passo di fronte al diritto alla salute senza nessun contemperamento tra valori che hanno, invece, la stessa dignità costituzionale e sociale. Praticamente nel nome della lotta al Covid-19 si sta continuando a privare i cittadini della propria libertà e allo stesso tempo con la chiusura della stragrande maggioranza delle attività si è messo in ginocchio l’economia del Paese, facendo emergere nuove ed inquietanti sacche di povertà.
L’italiano si aspettava misure più coraggiose per provare, a piccoli passi, a convivere con il virus, ma con le giuste precauzioni. Poiché fino a quando il Covid-19 non sarà sconfitto non si potrà ritornare a vivere per come eravamo abituati. Non si può ad oltranza continuare a bloccare il sistema produttivo economico del Paese e a mantenere gli italiani forzatamente dentro casa, senza un adeguato pano di compensazione dei danni.
L’Italia è ferma, messa in ginocchio da una serrata che non ha precedenti. Siamo sull’orlo del baratro: il Made in Italy sta uscendo dai mercati non essendo più presente con le proprie eccellenze. Centinaia di migliaia di persone non avranno più un lavoro. Se non si consente al piccolo imprenditore, all’artigiano, al commercialista, al libero professionista di ritornare a lavorare chi potrà pagare le tasse allo Stato. Prolungare la chiusura aumenta il danno, al posto di ridurlo: gran parte dei piccoli imprenditori non sarà in grado di rialzare le saracinesche.
Chi provvederà alla loro? Lo Stato? E a quale prezzo, visto che nessuno gli sta regalando nulla. Quanti atri miliardi di debiti peseranno sulle nostre teste.
L’economia va rimessa in moto subito, ma con le giuste precauzioni e gli strumenti necessari. Più l’italiano sta dentro, minori sono le possibilità di ripresa. Conte farebbe bene a rivedere questo fantomatico decreto che introduce la Fase 2, prima che sia tropo tardi