Coronavirus: 10 bufale smentite
Nel tentativo di fare chiarezza sul Sars-CoV-2, generalmente chiamato coronavirus, diffondiamo integralmente un articolo della testata giornalistica “Repubblica” sulle 10 principali bufale del momento.
Fake o bufale, sono “pericolose” quanto o forse più dello stesso virus, poichè generano confusione, alimentano strambe teorie che portano dalla psicosi individuale ad una sorta di isteria collettiva che sfocia poi in comportamenti irrazionali o addirittura deplorevoli. Il fatto evidente è che il virus esiste, non è quello dell’influenza, ed ha mietuto tantissime vite mentre l’opinione pubblica continua a dividersi fra coloro che lo temono e quelli che pensano che sia solo una “trovata” dei giornalisti per fare vendere i giornali.
L’Oms, intanto, mette in guardia dalla diffusione di informazioni imprecise o infondate: un meccanismo che alimenta il panico partendo da fonti istituzionali, media e diffondendosi sui social. l’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di “infodemia”, cioè epidemia informativa. La diffusione di notizie imprecise – che contribuiscono a creare psicosi. Viviamo in un Paese libero, ognuno ha il diritto di credere a ciò che vuole. Nella speranza di offrirvi un chiaro quadro sulle 10 principali bufale del momento vi lasciamo al reportage dei colleghi di Repubblica.
“Troppe informazioni e troppo spesso errate. Il rischio infodemia su cui l’Oms ha messo in guardia lo scorso 2 febbraio continua a “contagiare” la Rete. Si tratta di informazioni a volte frammentarie e non verificate, soprattutto sui social media, che contribuiscono a creare una cortina di fumo attorno all’epidemia di coronavirus. Per questo alcune testate scientifiche internazionali, come Live Science, tentano di fare chiarezza su alcuni punti ormai acclarati che è bene conoscere per evitare la disinformazione. Eccone alcuni.
UNO: “Le mascherine proteggono dal virus”. Le mascherine standard non proteggono dal contagio di Sars-CoV-2. Né il modello ‘da sala operatoria’ né l’antismog N95 possono bloccare del tutto la diffusione del virus, ma aiutano le persone infette a prevenirla filtrando le goccioline di saliva che possono trasmettere il virus. Di contro, i respiratori N95, avendo un filtro per l’aria, possono rivelarsi barriere più efficaci da utilizzare in ambiente ospedaliero-sanitario, perché aderiscono meglio al viso coprendo naso e bocca in modo che non passi nulla dai bordi della mascherina. Per usare l’N95 in modo corretto bisogna però controllarne il funzionamento ogni volta che viene indossato.
DUE: “Ci sono meno probabilità di contrarre l’influenza”. Non necessariamente. La capacità di diffusione del coronavirus è calcolata in base al valore riproduttivo R0 che esprime il numero di persone che possono essere contagiate da un unico paziente infetto. L’R0 di Sars-CoV-2, il virus che causa Covid-19, è stimato su circa 2,2, mentre l’influenza si attesta su 1,3. Inoltre, se per Sars-CoV-2 non esiste ancora un vaccino, quello anti influenzale già aiuta invece a prevenire l’epidemia stagionale, anche se non blocca al 100% i ceppi virali in circolazione.
TRE: “Il virus è un ceppo mutato dell’influenza”. Falso. Il coronavirus è una famiglia ‘allargata’ di virus in grado di trasmettere varie malattie. Sars-CoV-2 mostra alcune somiglianze con certi virus, quattro dei quali possono essere causa di normali raffreddori. Al microscopio i cinque virus mostrano una conformazione simile, che sfrutta le proteine (spike) dalla stessa forma ‘appuntita’ per infettare le cellule umane. Inoltre, il nuovo coronavirus Sars-CoV-2 appartiene alla stessa famiglia di virus della Sindrome Respiratoria Acuta Grave (Sars) ma non è lo stesso virus. Le prove scientifiche suggeriscono che il virus è stato trasmesso da un animale all’uomo. Allo stesso modo, il virus Sars è passato dai pipistrelli agli zibetti (piccoli mammiferi notturni) per poi passare alle persone. Mentre il virus Mers si è trasmesso dal cammello all’uomo.
QUATTRO: “Il coronavirus è stato creato in laboratorio”. Non esiste alcuna evidenza scientifica a riprova che il coronavirus Sars-CoV-2 sia stato creato dall’uomo. Tra l’altro Sars-CoV-2 ricorda da vicino altri due coronavirus che hanno scatenato epidemie negli ultimi decenni, Sars-CoV e Mers-CoV: tutti e tre i virus sembrano aver avuto origine nei pipistrelli. Le caratteristiche di Sars-CoV-2 sono in linea con ciò che sappiamo di altri coronavirus “naturali” che hanno compiuto il ‘salto’ dagli animali alle persone.
CINQUE: “Il contagio è una condanna a morte”. Falso. Nell’81% delle persone contagiate dal coronavirus si è trattato finora di casi lievi di Covid-19, stando ai dati diffusi il 18 febbraio dal Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie. Circa il 13,8% manifesta sintomi gravi, come difficoltà respiratorie, o richiede ossigeno supplementare e circa il 4,7% versa in condizioni critiche con sintomi gravi quali l’insufficienza respiratoria, l’insufficienza multiorgano o lo shock settico. I dati finora suggeriscono che solo circa il 2,3% delle persone colpite da Covid-19 muore a causa del virus. Anziani e pazienti in condizioni di salute precarie risultano maggiormente a rischio di sviluppare gravi malattie o complicanze. Nonostante ciò, è importante adottare le misure di prevenzione indicate dalle autorità sanitarie locali al fine di contenere la diffusione dell’epidemia.
SEI: “Gli animali domestici possono trasmettere il virus”. Secondo quanto confermato dall’Oms, non esiste alcuna evidenza scientifica a riprova che gli animali domestici, quali cani e gatti, possano contrarre il coronavirus Sars-Cov-2 né tantomeno trasmetterlo all’uomo. “Nonostante ciò, si consiglia di lavarsi bene le mani con il sapone dopo il contatto con gli animali”, sostiene l’Organizzazione mondiale della sanità che consiglia di adottare tale abitudine come comune prassi per proteggersi dai batteri, come escherichia coli e salmonella, che possono invece essere trasmessi dagli animali all’uomo. Finora è stato registrato un solo caso di animale risultato positivo al test del coronavirus Sars-Cov-2: è un cane di Hong Kong che – secondo quanto riferito dal Dipartimento dell’agricoltura, della pesca e della conservazione locale il 28 febbraio – sarebbe stato decretato come ‘lievemente positivo’. Non è chiaro se il cane, che appartiene a una donna di 60 anni, ha sviluppato sintomi il 12 febbraio e successivamente è risultata positiva, sia stato infettato dal coronavirus, oppure se sia solo entrato a contatto con una superficie contaminata con la bocca o il naso. Per precauzione il cane è stato messo in quarantena, ma non mostra alcun sintomo e fino ad ora non ci sono prove che possa trasmettere il virus all’uomo.
SETTE: “I bambini non rischiano il contagio”. Falso. I bambini possono essere contagiati da Covid-19, anche se finora le statistiche suggeriscono che hanno meno probabilità di contrarre il virus rispetto agli adulti. In Italia 8 dei 400 casi di Covid-19 registrati sono di bambini di età tra i 4 e i 19 anni. Nella regione cinese dell’Hubei, focolaio dell’epidemia, degli oltre 44 mila casi di contagio, solo il 2,2% ha coinvolto bambini di età inferiore ai 19 anni. Al contrario, nel caso di epidemia influenzale i bambini hanno maggiori probabilità di essere colpiti rispetto agli adulti. Tuttavia, è possibile che il numero di casi di coronavirus diagnosticati nei bambini sia stato sottostimato: nonostante diversi studi scientifici in Cina riportano di un rischio ridotto, è possibile che molti casi di bambini che hanno contratto il virus non siano stati registrati in quanto asintomatici.
OTTO: “Se vieni contagiato, te ne accorgi”. Non è detto. Covid-19 può provocare una serie di sintomi, molti dei quali riferiti anche ad altre malattie respiratorie come l’influenza e il raffreddore comune. In particolare, i sintomi più comuni dell’epidemia da Sars-CoV-2 includono febbre, tosse e difficoltà respiratorie, mentre i più rari comprendono vertigini, nausea, vomito e naso che cola. Nei casi più gravi, la malattia può evolversi in una grave malattia simile alla polmonite, ma all’inizio le persone infette potrebbero anche non mostrare alcun sintomo.
NOVE: “Il coronavirus è meno letale dell’influenza”. Finora sembra che Sars-CoV-2 sia più letale dell’influenza. Tuttavia, c’è ancora molta incertezza sul tasso di mortalità del virus. Secondo il Cdc, negli Usa l’influenza stagionale in media ha un tasso di mortalità di circa lo 0,1%, che quest’anno è stimato su circa lo 0,05% tra i pazienti che hanno contratto il virus influenzale. Mentre i recenti dati su Covid-19 suggeriscono che il tasso di letalità di Sars-CoV-2 è di 20 volte superiore, ossia del 2,3% (fonte: China Cdc Weekly, 18 febbraio). Il tasso di mortalità varia in base all’età e allo stato di salute del paziente. Infine, va considerato il fatto che il tasso di mortalità calcolato finora potrebbe variare in base al numero dei casi registrati, molti dei quali potrebbero non risultare perché asintomatici.
DIECI: “Non è sicuro ricevere pacchi dalla Cina”. Falso. Non c’è alcun rischio contagio legato ai pacchi recapitati dalla Cina. Lo ha confermato l’Oms rassicurando sul fatto che il coronavirus non sopravvive a lungo sulla superficie degli oggetti, come lettere o plichi. Secondo uno studio pubblicato il 6 febbraio sul Journal of Hospital Infection, Sars-Cov-2 può resistere su metallo, plastica o vetro fino a un massimo di 9 giorni. Ma perché un virus rimanga vitale, ha bisogno di una combinazione di fattori ambientali specifici – come la temperatura, la mancanza di esposizione ai raggi UV e l’umidità – che nel caso dei pacchi è difficile che si presenti, ha spiegato il dottor Amesh A. Adalja del Johns Hopkins Center for Health Security. Il Cdc ha definito “molto basso” il rischio di trasmissione che può avvenire “da prodotti o imballaggi spediti per un periodo di giorni o settimane a temperatura ambiente. Attualmente, non esistono prove a supporto della trasmissione di Covid-19 associato a merci importate”. Piuttosto, si ritiene che il coronavirus si diffonda più comunemente per via aerea, attraverso le goccioline di saliva.”
Sempre il noto quotidiano nazionale la Repubblica ha diffuso, in un altro articolo il pericolo costituito dal diffondersi sui social di notizie false e allo stesso pericolose e destabilizzanti.
“L’emergenza globale per 2019-nCoV, il virus cinese sta dando fondo a uno stillicidio di panzane, procurati allarmi e notizie deformate come difficilmente si era visto prima d’ora. Coinvolgendo nella psicosi razzista anche le comunità cinesi nel mondo e in Italia – la più nutrita a Milano da oltre 25 mila persone – e i loro negozi.
Facebook: via le fake news per “rischio danni fisici”. Fortunatamente le principali piattaforme social sembrano voler prendere le giuste contromisure, anche forzando le solite policy dalle maglie troppo larghe. Facebook ha spiegato già un paio di giorni fa in un post sul blog ufficiale che i debunker delle no profit che collaborano con la piattaforma stanno facendo gli straordinari e “continueranno il loro lavoro di revisione dei contenuti per smentire le false notizie che si stanno diffondendo”. Non solo, come sempre accade, le panzane saranno limitate nella loro circolazione sul social di Menlo Park, ma stavolta saranno rimosse senza pensarci troppo, comprese quelle che presentano “teorie cospirazioniste” che potrebbero mettere in pericolo chi dovesse crederci.
Terapie fasulle e procurati allarmi. Il punto di partenza di Facebook è proprio questo: intervenire sulla base di una più ampia considerazione del principio di ‘pericolo fisico’. “Stiamo procedendo in questo modo come un’estensione delle nostre regole di rimozione dei contenuti che potrebbero causare danni fisici”, si legge nella nota. D’altronde, se credi alla bufala della Tachipirina o peggio del sorso di candeggina, spacciati per metodi infallibili per difendersi dal coronavirus, puoi farti molto male. Così come puoi far male agli altri convincendoti che un qualsiasi cittadino dalle fattezze orientali costituisca sic et simpliciter una minaccia perché te l’ha spiegato l’ultima catena di Sant’Antonio su WhatsApp. Cure fasulle, metodi di prevenzione senza fondamento, confusione sulle informazioni sanitarie, terrorismo psicologico e pseudosanitario: tutta questa roba sarà fatta fuori direttamente dalla piattaforma, così come – stavolta su Instagram – saranno bloccati o limitati gli hashtag che veicolano disinformazione, con un lavoro ‘proattivo’ che d’altronde premierà i contenuti affidabili che possano fornire informazioni verificate agli utenti e concederà sponsorizzazioni gratuite alle organizzazioni che vorranno lanciare campagne di educazione nelle zone colpite. Infine, insieme all’università di Harvard e alla National Tsing Hua University di Taiwan, Facebook sfrutterà dati aggregati e anonimizzati e mappe della popolazione per provare a costruire modelli di previsione della diffusione del virus.
Twitter, YouTube e TikTok.
Twitter, dove nelle ultime quattro settimane si sono contati oltre 15 milioni di post sull’argomento, sembra invece procedere in modo più mirato. Il social guidato da Jack Dorsey ha per esempio sospeso l’account del blog Zero Hedge per aver diffuso la panzana delle panzane, quella del virus ‘programmato’ da un laboratorio cinese in stile “Virus letale”, ripreso anche da diverse testate italiane prendendo di mira uno specifico scienziato locale. Ma secondo quanto confermato all’agenzia Reuters,
YouTube, Reddit e la stessa Twitter non considerano per il momento la diffusione di informazioni inaccurate sulla salute come una violazione delle loro condizioni d’uso. Si limiteranno, come fa Facebook di solito, a fornire più rilevanza a contenuti istituzionali o garantiti e a informare gli utenti su quanto è stato smentito. Negli Usa Twitter, ad esempio, dirige gli utenti che cerchino “coronavirus” e parole simili al sito del Centers for Disease Control and Prevention (ma nulla di simile avviene nella versione italiana). E ha comunicato di non aver per ora individuato campagne coordinate che puntino a speculare sull’emergenza. Il cinese TikTok ha aggiunto un riferimento all’Organizzazione mondiale della sanità per chi cerchi #coronavirus nella versione inglese, nulla in italiano.
Mentre Pinterest sta invece rimuovendo proattivamente i contenuti falsi sull’argomento. YouTube appare la meno attiva: sostiene di mostrare preview di articoli e un avviso sulla volatilità dei fatti d’attualità. L’aspetto interessante delle bufale che stanno circolando è la loro affollata tassonomia: il fenomeno è talmente ricco di aspetti e al contempo tanto complicato da maneggiare da essere il bersaglio perfetto dei costruttori di polpette avvelenate. Per andare con ordine, negli ultimi dieci giorni se ne sono viste in particolare sull’origine del nuovo coronavirus, sulla diffusione e dunque sui ricoveri selvaggi (come i 27 dell’Umberto I denunciati dall’audio di una falsa infermiera del policlinico e smentiti l’altro ieri), sugli strampalati modi per difendersi e prevenirlo, sui rischi derivanti da cibi e cittadini cinesi e sugli immancabili segreti di Stato, o dei media che coprirebbero le ragioni e la reale portata della pandemia.
La guerra batteriologica ‘smentita’. Sull’origine, l’abbiamo visto, tutto è partito da un pezzo del Washington Times (testata considerata poco affidabile e legata al leader del movimento religioso della Chiesa dell’Unificazione nato in Corea del Sud nel 1954, da non confondere col più autorevole Washington Post) che ha riportato le dichiarazioni, poi smentite, di un presunto ex ufficiale dei servizi segreti israeliani, Dany Shoham, che avrebbe parlato appunto di un progetto cinese di sviluppo di armi chimiche destinato a una ‘bio warfare’, una guerra batteriologica, di cui 2019-nCoV sarebbe dunque un effetto collaterale. Tutto smentito dallo stesso Shoham a Poynter, che ha detto di aver solo “suggerito un possibile collegamento al programma di guerra biologica cinese sotto forma di fuga del virus, ma aggiungendo che finora non ci sono prove o indicazioni per tale incidente”.
Una variante punta invece il dito contro le case farmaceutiche finanziate dal fondatore di Microsoft Bill Gates, che al contrario ha donato 10 milioni di euro per sostenere la ricerca di un vaccino. Chissà, l’imprenditore e filantropo è preso di mira forse perché il 27 aprile 2018, nel corso di un evento alla Massachusetts Medical organizzato dal New England Journal of Medicine disse che “il mondo ha bisogno di prepararsi alle pandemie nello stesso modo in cui si prepara alla guerra”, aggiungendo l’urgenza di organizzare esercitazioni e simulazioni per comprendere meglio le dinamiche di diffusione. Certo la combinazione è un piatto ricco per i dietrologi di professione. Per fortuna molti esperti, fra cui la comunità dell’International Fact-Checking Network, lavora a tamburo battente per disinnescare favole e menzogne.
L’audio-bufala complottista su WhatsApp. Dopo l’origine, la diffusione. In questo senso è paradigmatico l’audio di un presunto italiano bloccato in Cina, a suo dire a Hefei (distante da Wuhan) in cui non solo viene rilanciato il complotto del virus letale da laboratorio (laboratorio che in effetti nella metropoli cinese esiste, è il Wuhan National Biosafety Laboratory, frutto di un memorandum con la Francia, ma non è affatto segreto e si occupa di biosicurezza), si parla di un virus Sars ‘potenziato’ e del blocco dei militari sulla città. Sostenuto da immagini circolate in questi giorni che potrebbero in effetti prestarsi a una forzosa interpretazione almeno in parte di quel genere, con militari alle stazioni o nelle vie di accesso dalla città. L’audio sostiene che i militari possano sparare a vista. Infine le colpe dei media italiani, accusati di non aver raccontato i veri numeri, e di un presunto volo fantasma da oltre 200 passeggeri atterrato a Roma nei giorni scorsi. Come si vede, c’è quasi tutto nell’audio circolato soprattutto in chat. E questo è un altro elemento preponderante dell’altra infezione, quella informativa, in corso rispetto al nuovo coronavirus: se sui social media le piattaforme possono cercare di intervenire, contro le vecchie catene di Sant’Antonio scambiate in privato fra i cittadini via chat (o anche all’interno dei gruppi chiusi di Facebook), costruite con la solita basilare ma efficace sceneggiatura della falsa intimità, del gancio con un fatto verosimile, del segreto di Stato e del richiamo alla massima diffusione, è più difficile combattere. Le uniche contromisure di WhatsApp, assunte lo scorso anno, sono quelle di etichettare un messaggio come inoltrato e di non consentire di girare un contenuto a più di cinque contatti per volta, per contenere le ‘infezioni’ digitali.
Altri contenuti in circolazione parlano ancora di vaccini disponibili – falso, purtroppo le ricerche sono appena partite, non si sa quanto ci vorrà per svilupparlo, i parametri sono molti – o di altri rimedi utili a proteggersi. Bufale pericolosissime, come quella che indica l’assunzione di Tachipirina come un buon modo per prevenire il virus o quella, girata in particolare negli Stati Uniti e legata al movimento ultracomplottista QAnon, legati alla dannosa “Miracle Mineral Solution”. Si tratta di fatto di candeggina industriale da diluire, secondo le folli indicazioni della solita setta statunitense, la sedicente chiesa Genesis II fondata dall’enigmatico Jim Humble con larga presa fra gli antivaccinisti, in acido citrico: protagonista di campagne di marketing fraudolento, venduta come rimedio contro ogni genere di patologia, dal cancro all’Hiv, viene riciclata anche in questo caso, per esempio tramite tweet e video dello youtuber Jordan Sather. Inutile aggiungere che è un’impostura nociva e insensata, definita dalla Food and Drug administration statunitense “candeggina industriale che può causare seri danni alla salute”.
Non mancano ovviamente i messaggi che puntano il dito contro i cinesi in generale. Uno di particolare successo, intitolato “consiglio medico sanitario”, spiega che “sarebbe consigliabile non andare nei negozi cinesi per un breve medio periodo, finché questo virus non sarà circoscritto e sconfinato (sic)”. D’altronde, dice il testo che fa da modello a molti altri simili, “molte persone e commercianti cinesi che lavorano in Italia hanno contatti continui con la catena di distribuzione nei loro ingrossi, dove tanti imprenditori cinesi vengono o sono passati per Wuhan per ovvi motivi di business nell’ultimo periodo”. Come hanno specificato le autorità sanitarie, il nuovo coronavirus non si trasmette per via alimentare. Serve un contatto stretto con una persona infetta. Il tentativo di allargare la questione addirittura alle migrazioni con associazioni del tutto gratuite, cavalcato da alcuni politici italiani, si commenta da solo.