Controlli fiscali, arriva il Risparmiometro: controllerà i soldi sul conto corrente

Dopo il redditometro, l’Agenzia delle Entrate ha messo a punto un altro strumento per controllare i contribuenti. Si chiamerà Risparmiometro e farà dei controlli fiscali sui risparmi, per verificare se i contribuenti hanno risparmi superiori rispetto a quelli che presumibilmente potrebbero accumulare con il proprio reddito. Le incongruenze saranno considerate indici di rischio ai fini di controlli.

Lo spesometro ricostruisce tutta la situazione patrimoniale del contribuente e la monitora per capire quali possano essere gli incrementi non giustificati. Qui scatta la stangata. “L’eventuale incoerenza riscontrata sarà interpretata sintomatica di un rischio fiscale” ha detto il direttore Ruffini.
Dal 2018 prende il via la sperimentazione per le persone fisiche, dall’anno prossimo il meccanismo di analisi e controllo sarà applicato anche alle società.

COSA CONTROLLERA’ – L’algoritmo del Risparmiometro è stato pensato per passare in rassegna conti corrente ma anche deposito titoli e/o obbligazioni, conto a deposito a risparmio libero vincolato, rapporto fiduciario, gestione collettiva del risparmio, gestione patrimoniale, certificati di deposito e buoni fruttiferi, conto terzi individuale e globale. Nel mirino del Fisco anche gli estratti conto di carte di credito, prodotti finanziari emessi dalle assicurazioni, compravendita frequente di oro o altri metalli preziosi. Lo scopo è quello di stilare delle “liste selettive” di contribuenti a rischio evasione fiscale.

NOVITA’ SUI CONTO CORRENTE – Il denaro versato sul conto corrente bancario di un professionista (ma anche di un privato cittadino) può essere esaminato dal fisco con lo scopo di accertare eventuali redditi non dichiarati. Ai sensi dell’articolo 32 del D.P.R. 600/1973, l’Agenzia delle Entrate, se nutre il dubbio che vi siano operazioni ritenute sospette, può richiedere alla banca “notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto o operazione effettuata” dal contribuente oggetto di controllo. In pratica, il fisco può controllare in qualsiasi momento il conto corrente bancario di qualunque cittadino.

 E secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione (la sentenza n. 6947 del 17 marzo 2017), la riconducibilità dei versamenti effettuati dai professionisti, e più in generale, dai lavoratori autonomi sui propri conti correnti ai compensi dagli stessi percepiti è assistita dalla presunzione legale a favore del fisco.
 Cosa significa nello specifico? Secondo gli ermellini, la presunzione legale non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza tipici delle presunzioni semplici ed è superabile soltanto dalla prova contraria fornita dal contribuente.

Close-up Of Businessperson Hands Checking Invoice With Magnifying Glass At Desk

In altre parole il fisco può, per legge, presumere che versamenti e prelevamenti operati sui conti correnti bancari del contribuente siano imputati a ricavi conseguiti dallo stesso contribuente nell’esercizio della propria attività professionale, se il contribuente non riesce a dimostrare l’estraneità alla produzione del reddito (o di averne tenuto conto in fase di determina della base imponibile).

Sebbene è prassi ormai consolidata aprire conti correnti bancari da adibire esclusivamente all’attività professionale (per tenere separate le operazioni “commerciali” da quelle private), non è raro trovare professionisti che utilizzino ancora il conto corrente personale, anche cointestato con il coniuge, per versare gli assegni ricevuti per i pagamenti delle proprie prestazioni professionali o per pagare i modelli F24 delle tasse.

In questi casi, secondo la giurisprudenza, la suddetta presunzione legale e la conseguente inversione dell’onere della prova, si applicano non solo in caso di cointestazione del conto corrente bancario, ma anche nelle ipotesi di intestazione dei rapporti bancari a terzi che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente (salva ovviamente la prova contraria da parte dello stesso contribuente).

Se il reddito annuo del professionista oggetto di controllo non è tale da giustificare l’ammontare dei versamenti sul conto corrente, il fisco può presumere che si tratti di somme di denaro derivanti da attività svolte in nero, con la conseguente tassazione delle stesse, oltre all’applicazione di sanzioni e interessi.

Come difendersi allora nel caso di presunzione di evasione fiscale mossa dal fisco?
Per vincere la presunzione di evasione fiscale occorre dimostrare la provenienza legittima delle somme presenti nel conto corrente. In primis, per ogni operazione effettuata tramite conto corrente sarebbe opportuno compilare in maniera chiara la causale dell’operazione effettuata.

È opportuno poi, che le diverse causali delle operazioni relative agli incassi professionali, contengano gli estremi (numero e data) della fattura/parcella alla quale si riferiscono, e ciò anche in caso di pagamenti frazionati o acconti su fatture.

Per le erogazioni di denaro effettuate tra familiari a titolo di donazione o a titolo di prestito infruttifero di interessi, al compimento dell’operazione, è buona norma sottoscrivere una scrittura privata tra le parti e conservarla. Il mio consiglio, in questo caso, è quello di dare data certa al documento, in modo tale che il fisco non possa sospettare che si tratti di una scrittura fatta all’occorrenza per giustificare un controllo fiscale.

Infine, è di estrema utilità conservare sempre copia delle ricevute, delle fatture e degli scontrini fiscali per giustificare prelevamenti e spese effettuate anche per conto di clienti (anche se rimborsate, meglio tenerne traccia). Questo perché, a differenza di quanto avviene con i versamenti, i prelievi di denaro non contengono una causale che col passare del tempo potrebbe aiutarci a ricordare fatti e operazioni compiute anni addietro.

 

fonte: https://quifinanza.it

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