Ancora un sequestro di beni nel trapanese; si stringe il cerchio attorno a Matteo Messina Denaro
L'Autorità Giudiziaria ha messo a segno un altro duro colpo alla mafia, un'altra battaglia vinta dallo Stato, ma la vittoria della "guerra" alla mafia appare ancora lontana
Ancora un sequestro di beni nel trapanese; si stringe il cerchio attorno a Matteo Messina Denaro. Ormai è lotta continua a beni mobili ed immobili della cosca a cui fa capo il latitante inserito al primo posto nella lista dei criminali più pericolosi del Paese. Gli inquirenti stanno cercando di fare terreno bruciato attorno al capo mafia attaccando le disponibilità economiche attraverso cui viene finanziata la sua latitanza.
Dai rapporti investigativi risulta che a Matteo piacciono le comodità, le belle donne, lo champagne francese. Motivo per il quale ha bisogno continuamente di denaro. E’ questo il filo conduttore che mette insieme tutta una serie di misure restrittive emesse nei confronti di suoi presunti prestanomi e sigilli a capitali non indifferenti. Le indagini, coordinate dal Procuratore Aggiunto della Dda di Palermo Bernardo Petralia, hanno portato la sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani ad emettere il provvedimento di confisca dei beni all’imprenditore Giovanni Filardo di Castelvetrano, cugino del boss latitante Matteo Messina Denaro. L’operazione condotta dalla Direzione investigativa antimafia, dalla Guardia di finanza e dal Raggruppamento Operativo speciale dei carabinieri ha portato al sequestro di beni mobili ed immobili per un valore complessivo che si aggira attorno ai 3 milioni di euro.
Il sequestro ha interessato, in modo particolare, un’azienda, numerosi mezzi, terreni, una villa e diversi altri beni mobili e immobili. Le indagini di natura economico-finanziaria, con il coordinamento del procuratore aggiunto Bernardo Petralia, hanno consentito di dimostrare la sproporzione tra il valore dei beni e la capacita’ reddituale dell’imprenditore che, temendo l’aggressione del proprio patrimonio, dopo il suo primo arresto, aveva tentato di trasferire il suo patrimonio ai familiari.
L’imprenditore Giovanni Filardo, fu arrestato nel marzo del 2010. Secondo i magistrati avrebbe compiuto insieme ad altri affiliati a Cosa Nostra, estorsioni e il reinvestimento di capitali di illecita provenienza. L’imprenditore fu anche accusato di essere stato collettore e distributore di messaggi da e per il capo mafia latitante. Fu assolto dal Tribunale di Marsala (in primo grado) per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso, il 13 dicembre 2013, ma poi fu di nuovo arrestato nell’ambito dell’operazione ‘Eden”, con l’accusa di “trasferimento fraudolento di beni, al fine di agevolare l’attività della mafia avendo intestato in maniera fittizia ad altre persone somme di denaro ed altri beni”, sostengono i magistrati.
L’Autorità Giudiziaria ha messo a segno un altro duro colpo alla mafia, un’altra battaglia vinta dallo Stato, ma la vittoria della “guerra” alla mafia appare ancora lontana